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Perseguitati e salvati la giustizia del Regno

​Mirella Muià

«Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,10). “Beato” non è chi è felice e soddisfatto della sua vita. “Beato” non è chi ha successo in quello che fa. “Beato” non è neanche chi si sente amato e stimato dagli altri... Secondo questa vera rivelazione evangelica delle Beatitudini, l’essere beato esula dalle aspettative umane, perché appartiene a una dimensione pur sempre umana, ma non riconducibile fra i comuni criteri di valutazione. Solo Uno può dire beato chi è sofferente, perseguitato, ignorato, respinto - perché solo Uno sa riconoscere in ognuno di noi qualcosa che gli assomiglia... Queste parole di Gesù sono parola della creazione nuova: rendono possibile e reale ciò che è umanamente impossibile, per non dire privo di senso. Questa è la seconda e ultima beatitudine in cui si afferma l’appartenenza al Regno dei cieli. Si tratta di coloro che sono perseguitati “a causa della giustizia”. Ma di quale giustizia parla Gesù? Che senso ha per lui questa parola fondamentale nel linguaggio biblico? Egli si rivolge ai discepoli che ha chiamato presso di sé sul monte, dopo aver abbracciato con lo sguardo la folla venuta per ascoltarlo. Eppure non è a questa folla che rivolge il suo messaggio, pur sapendo che è in attesa del suo insegnamento. Perché dunque non è un messaggio rivolto alla folla? Gesù non ha di certo una visione elitaria della società del suo tempo - anzi, si oppone alla mentalità delle caste. Eppure consegna ora queste parole solo ai discepoli - e non perché li ritiene più preparati ad accoglierle, ma perché li chiama a esserne i portatori e i testimoni. La giustizia di cui parla Gesù è quella che egli stesso conosce in quanto ne è l’incarnazione: per questo è venuto nel mondo. Non è la giustizia degli uomini - ma è la risposta di Dio al profondo desiderio di giustizia che gli uomini non solo non riescono a colmare, ma forse soprattutto a comprendere quanto sia essenziale per la loro vita. Spesso, nel linguaggio biblico, quando si parla della giustizia di Dio essa viene intesa come “giudizio”: ci si aspetta che Dio punisca chi compie il male, e ricompensi chi fa il bene. Ma è davvero questa la giustizia divina? Non è piuttosto il far emergere la verità della condizione umana, dove il bene si rivela come una luce che apre una via nell’oscurità che ci circonda? Perché «la luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno vinta» (Gv 1,5). Coloro che sono testimoni della luce sono figli di quella giustizia. E accade che, proprio perché ne sono il riflesso, essi subiscono lo stesso rifiuto subito da Dio nella storia. Essere perseguitati per causa della giustizia non è un incidente di passaggio, ma una costante da parte del mondo che, credendo di difendere ciò che gli è proprio, non sa di respingere quella verità di cui ha bisogno per la sua stessa vita. La giustizia di Dio è l’opera stessa del suo amore. Coloro che sono perseguitati nel suo nome sono così chiamati a condividere con lui le conseguenze della missione di salvezza che ha assunto venendo nel mondo. Perché dunque la storia umana non solo non riconosce la vera giustizia, che è l’opera gratuita dell’amore, ma anzi tende a escluderne i testimoni? Perché il nostro mondo la teme come un pericolo? Proprio nella gratuità risiede il vero scandalo per la logica mondana: negando la legittimità degli interessi che la governano, ne nega la pretesa di giustizia. Coloro che sono perseguitati per causa di quella giustizia che è la gratuità dell’amore e del servizio che ne è l’espressione, pur non avendo nessun altro potere se non la loro stessa testimonianza di vita, sono un elemento di sconfitta insopportabile per il mondo. Ma proprio di essi è il Regno dei cieli... Quel regno che non è un evento da attendere alla fine dei tempi, ma che il Figlio ha portato sulla terra e di cui ci ha resi partecipi, nella misura in cui ne accogliamo il dono. Il regno compiuto dal e nel Figlio è la creazione nuova fondata sulla gratuità dell’amore di Dio, che accoglie tutti coloro che rispondono a questo amore con il dono di sé stessi. Entrando così nella vera somiglianza a cui tutti siamo chiamati, essi sperimentano lo stesso rifiuto con cui il mondo respinge Dio, e diventano così una cosa sola con colui che “svuotò se stesso” effondendo così sul mondo la pienezza della Vita: perché questo è il Regno...