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Pace in terra agli uomini

​Mescolati tra la folla entriamo, nella notte di Natale, dentro la cattedrale di San Bavone. I tempi sono oscuri, rumori di guerra si odono all’intorno, solo nelle Fiandre sembra essersi conservata la pace. Entriamo assaporando il profumo dell’incenso inghiottiti dalla penombra. Il silenzio della cattedrale è interrotto dal brusio sommesso della preghiera. Gli occhi ora sono fissi su due enormi sportelli chiusi che stanno dietro l’altare. Si tratta del Polittico dell’Agnello mistico, opera dei fratelli van Eyck, Hubert e Jan (che lo terminò dopo la morte del primo). Lo sguardo corre dentro la casa raffigurata bruna e austera: l’umana Maria riceve la visita dell’Eterno. Un angelo di luce squarcia l’oscurità e tutto sembra partecipare dell’evento. Sullo sfondo, dalle finestre della casa, si vede la città di Gand trasfigurata dalla pace.

Poi ci accorgiamo di aver solo immaginato, non siamo nelle Fiandre del XV secolo ma nel 2014, con il Natale alle porte e il desiderio di quella stessa pace da poco contemplata. «Tu nascesti o Dio da un piccolo Ave», scrisse un giorno Pascoli. Alla luce non servono grandi aperture per farsi strada, basta un pertugio: allora un raggio penetra nel buio e lo vince. È bastato un piccolo “Ave” perché grazie al “sì” di Maria fossero vinte le nostre tenebre.

Mi affaccio idealmente alla bifora dei van Eyck e immagino di vedere il nostro mondo dall’alto. Focolai di violenza e dittature ideologiche che opprimono i popoli, vecchie e nuove povertà che manifestano drammaticamente il profilo di un mondo irredento. Comprendo perché i van Eyck, dopo il prospetto bruno delle ante, ci offrono nel Polittico dischiuso lo spettacolo di un caleidoscopio di colori dove note immaginate, ma vive nella memoria, cantano il Rorate! “Rorate coeli desuper et nubes pluant Iustum”. Sì, il Cielo si apra e faccia piovere il Giusto: Cristo è venuto, e verrà nell’ultimo giorno, ma abbisogniamo ancora che venga!

A introdurci alla gloria dell’Agnello mistico sono i due progenitori, bloccati dentro nicchie terrose, come l’esterno del Polittico. Due lunette sopra di loro ricordano i drammi degli Inizi: il dissidio davanti all’altare e l’uccisione di Abele. Sono Adamo ed Eva, ma in essi ci siamo anche noi, imploranti quell’aprirsi definitivo dei cieli che possa trasfigurare una volta per sempre la nostra vita. Alla maestà del registro superiore, che mostra angeli musicanti e Dio Padre con il volto di Cristo, seduto in trono tra la Vergine Maria e Giovanni il Battista, si oppone un registro inferiore che ritrae otto gruppi di persone, come le otto beatitudini, che vanno verso il trono di Dio e l’Agnello. Tra ecclesiastici, nobili e cavalieri, vediamo anche gente comune, eremiti e pellegrini, poveri e ricchi: è l’umanità segnata dai suoi limiti e dalle sue infermità che, nella luce tersa di questo cielo, appare come gemma preziosissima, incastonata nel panorama di un mondo nuovo.

Torno alla realtà, a questo Natale del terzo millennio che implora il miracolo della trasfigurazione. Varco la soglia della nostra chiesa, note mi cullano dentro un annuncio: Puer natus in Betlehem. Sì, Cristo è nato nella Betlemme di ogni tempo, Cristo nasce ogni giorno, nella via pulchritudinis che l’uomo sa additare: quella dell’arte, della musica, della poesia. Ma Cristo nasce ogni giorno nel volto dell’uomo: egli è il capolavoro della creazione.

Una storiella medievale racconta che un abate in visita a una comunità litigiosa disse ai monaci: «Dio è tra voi!». Da quel momento essi presero a guardarsi l’un l’altro con occhi nuovi e a scrutare non i difetti ma il Mistero dell’altro. Che l’uomo possa proteggere l’uomo, che possa cessare il sopruso, l’omicidio legalizzato, l’orgoglio nazionale. Ecco la meta cui l’Agnello celebrato dai van Eyck ci conduce: vivere nella certezza che Dio è qui, dentro il Mistero dell’altro, una Presenza che deve anzitutto albergare nel nostro cuore.

di Maria Gloria Riva