Luoghi dell' Infinito > Editoriali > Io nello spazio, affascinato dal pianeta azzurro

Io nello spazio, affascinato dal pianeta azzurro

di Umberto Guidoni

​Cominciate come competizione politico-militare fra Stati Uniti e Unione Sovietica, le imprese spaziali si sono ben presto concentrate sulla ricerca scientifica, diventando un elemento di innovazione e sviluppo in numerosi campi della scienza e della tecnologia. Nuovi materiali, sistemi avanzati di telecomunicazione, energie rinnovabili sono solo alcuni esempi di tecnologie spaziali che sono diventate essenziali per moltissime attività terrestri. Tuttavia, se dovessi indicare l’elemento che, più di ogni altro, contraddistingue l’esplorazione umana dello spazio, sceglierei senz’altro il “cambio di prospettiva”.
Appena arrivati in orbita, il primo impulso è di affacciarsi ai finestrini della cabina per guardare fuori, o meglio, per voltarsi indietro ad ammirare il luogo che si è appena lasciato. La Terra esercita un fascino quasi ipnotico, con paesaggi che cambiano continuamente mentre si compie un’orbita in poco meno di novanta minuti.
Sono immagini quasi da capogiro, con panorami che si dilatano su una scala mai vista prima. Ad esempio, volando sul Mediterraneo, si può cogliere il giallo ocra del Sahara che si estende a perdita d’occhio, interrotto solo dalla gigantesca cicatrice tracciata dal corso del Nilo. Allo stesso tempo, si può ammirare lo stivale della nostra penisola circondata da quelle stesse acque turchesi che lambiscono le coste frastagliate del Peloponneso. Dopo qualche minuto il bacino del Mediterraneo svanisce dalla vista, così come i luoghi che hanno visto l’emergere e il dissolversi di grandi civiltà. In un batter di ciglia, passano davanti agli occhi millenni di storia!
Il viaggio continua e, orbita dopo orbita, si scoprono altre meraviglie del nostro pianeta. Si sorvola il “tetto del mondo” e si è rapiti dal bianco abbagliante dei ghiacciai, si vola sulle acque blu cobalto dell’Oceano Pacifico, si è colti di sorpresa dai deserti “marziani” dell’Australia e si rimane ammirati per il verde intenso delle immense foreste del Sud America. L’intero pianeta si percorre nel tempo di una partita di calcio; il teatro sconfinato delle vicende umane entra quasi nella ristretta visuale di un oblò.
Con i giorni e le notti ridotti a soli quarantacinque minuti, il passaggio del tempo è un continuo rincorrersi di luce e tenebre: il bagliore del sole che si riflette nei laghi e nei fiumi lascia il posto allo scintillio delle metropoli che rompono la monotonia del panorama notturno.
A ogni tramonto, quando il disco solare scompare, si può notare una debole “aureola” che avvolge l’intero pianeta: è l’atmosfera che protegge e fa vivere il nostro mondo. Quel cielo, che gli abitanti della Terra percepiscono come infinito, è appena visibile dallo spazio ed è una delle immagini più belle, anche se rivelatrice della fragilità del nostro piccolo pianeta.
Circondata da un’immensità di vuoto, avvolta da un oceano di buio, la Terra si “difende” con questo delicato anello ceruleo, una sorta di “tuta spaziale” che protegge tutte le creature viventi dalle radiazioni letali, dalle temperature insopportabili e dal vuoto più estremo.
Gagarin, il primo uomo a raggiungere lo spazio, ha definito la Terra il “pianeta azzurro”, sottolineando come da lassù non si vedano i confini stabiliti dagli uomini. Durante i miei viaggi nello spazio, ho provato le stesse emozioni e, quando sono tornato, ho sentito di appartenere non più soltanto a un paese o a un continente, ma all’intera specie umana.
Contemplando quella gemma così colorata e brillante, sorgono molte domande sul suo destino e su quello del genere umano. Non è facile trovare delle risposte, ma c’è la consapevolezza di essersi spinti oltre i confini terrestri, di aver vissuto un’esperienza unica da cui si torna cambiati e certamente più attenti alle sorti del nostro pianeta.
Questa nuova consapevolezza non riguarda solo i viaggiatori dello spazio. Le immagini del globo terrestre hanno ispirato i primi movimenti ecologisti e hanno aiutato a comprendere quanto sia preziosa e fragile quest’oasi azzurra che, nel suo perenne moto intorno al sole, trasporta l’umanità verso il futuro.