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Il mio duomo architettura dell'accoglienza

​ALamezia Terme sta sorgendo una chiesa del tutto particolare: è multi-parrocchiale, dedicata a san Benedetto patrono dell’Europa e fungerà da cattedrale quando l’antica basilica dell’insediamento di Policastro non sarà più sufficiente per l’intera comunità diocesana. Sarà la più recente cattedrale costruita in Italia. Lamezia Terme è nata nel 1968 dall’unione di diversi centri abitati e la sua nuova basilica, del cui progetto sono incaricato, diverrà il simbolo di tale unione che ha reso la città, per numero di abitanti, la terza della Calabria.
Il progetto è nato dalla volontà di esprimere il valore di questo processo unitario, erigendo un edificio ben distinguibile anche da lontano, riconoscibile come chiesa madre di una grande comunità. Per questo ha due campanili alti 40 metri (memori di molte chiese dei conventi benedettini) che consentono di percepirne la forza simbolica già dalle sponde del mare e dall’aeroporto che collega la città e la regione col resto del mondo. Rispetto alle altre da me costruite, il senso nuovo di questa chiesa sta nel fatto che in una cattedrale la sede e la funzione episcopale assumono un’importanza decisiva, e che attorno al vescovo nei grandi eventi vi sono molti sacerdoti concelebranti. Per questo ho immaginato altare e ambone al centro di due opposte esedre, mentre l’assemblea dei fedeli e quella dei sacerdoti si allineano in cerchi concentrici. Mi sembra che in questo modo la nuova liturgia proposta dal Concilio trovi un’attuazione convincente, poiché l’azione rituale risulta il prodotto di una comune presenza in cui i sacerdoti non sono più separati in un presbiterio, ma completano l’assemblea dei fedeli intorno all’altare e al polo della liturgia della Parola. Nessuna forma più del cerchio può esprimere – come rileva Palladio nel suo Quarto libro – la presenza divina.
Seguendo un suggerimento di Benedetto XVI, che ha imposto la sua benedizione sulla prima pietra, ho pensato a una grande croce sospesa davanti all’altare, cui sacerdoti e fedeli possano rivolgere lo sguardo durante l’azione liturgica.
Il Concilio richiede “nobile semplicità” nel progettare gli spazi delle chiese e questo è un tema che mi sta molto a cuore, ma non penso che essa consista nell’accontentarsi del minimo. La semplicità nasce dalla rinuncia, ma è il risultato di un processo lungo e difficile, non la scelta del più facile.
Da sempre la mia ricerca si svolge proseguendo un percorso iniziato in epoca barocca, con il superamento della rigidità di schemi e regole e con l’ispirazione alle forme della natura, continuato poi dall’architettura moderna, fino all’architettura organica, da Wright ad Aalto, ai giorni nostri. Così, l’obiettivo del progetto è di realizzare una chiesa che rinunci alla ricchezza dei materiali e all’ardimento delle strutture che caratterizzano molte cattedrali storiche, ma non alla necessità di interpretare la trascendenza e di creare una “casa” calda e accogliente in cui noi, come persone e come comunità, possiamo incontrare il Signore.
Le ultime cattedrali costruite in Italia prima di questa sono opere di due maestri dell’architettura, e risalgono agli anni Sessanta. La prima è la concattedrale di Taranto, progettata da Gio Ponti, un architetto credente, e interpreta in modo profondo il luogo dove sorge attraverso la metafora della vela. La cattedrale di La Spezia, invece, firmata da Adalberto Libera, è una costruzione resa austera dalla perfezione geometrica delle sue forme, ma suggestiva per quanto riguarda l’illuminazione interna. Entrambe richiedono che i fedeli salgano a un piano più alto rispetto a quello della piazza d’accesso.
A Lamezia Terme invece il piano della chiesa coincide con quello del sagrato, compreso tra due braccia porticate che contengono gli ambienti necessari alla vita della parrocchia. L’ispirazione potrebbe ricordare piazza San Pietro, ma si tratta di un’affinità soltanto psicologica perché la scala “umana” dei portici esprime un’accoglienza familiare che non evoca solennità, si rifà piuttosto all’insegnamento di papa Francesco.
Nel portale ho cercato di concentrare lo spirito dell’accoglienza, invitando a varcare la soglia: lì, come avviene nelle chiese romaniche, il confine si spezza e si apre all’accoglienza.

di Paolo Portoghesi