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Domenico la luna e la stella simboli per il cammino

​​Antonietta Potente

La luna, con la stella, rischiarava la strada è il primo versetto di una poesia di Emily Dickinson che mi aiuta a far memoria di Domenico di Guzmán. Luna o stella, simboli cari alla spiritualità domenicana, che sintetizza ciò che percepiamo di san Domenico: una scia di luce. Forse perché, quando siamo in cammino, abbiamo sempre bisogno di qualcuno o qualche evento che rischiari la strada. La sua personalità ha plasmato lo stile di vita dell’Ordine domenicano. Gli aspetti che tessono la nostra spiritualità, tra contemplazione, studio e mendicità, vita di comunità, itineranza e predicazione, non provengono da una regola ma dal suo stile di vita. È ciò che si percepisce in quelle molteplici narrazioni lasciate da tante e tanti testimoni. Il Libellus del beato Giordano di Sassonia; gli Atti del processo di beatificazione; i racconti di suor Cecilia e suor Angelica e tanti altri giunti fino a noi, tra leggenda e realtà. Domenico non lasciò degli scritti, solo le monache di Madrid conservarono una breve lettera indirizzata a loro. Nessuno si preoccupò di trascrivere la sua predicazione, ma tutte e tutti furono solleciti nel raccontarci ciò che avevano colto entrando in relazione con lui, forse perché, come testimoniò suor Cecilia, tutto si percepiva dall’apertura degli occhi. Questo è un dato particolarmente significativo: Domenico ha trasmesso vita e, tra i tanti aspetti, ne sottolineo solo tre, vere e proprie luci che ritengo importanti anche per noi che viviamo la complessità del tempo presente. Il primo aspetto è il sogno, e precisamente il sogno della madre. Il secondo riguarda sempre sua madre: la visione che ebbe guardando Domenico ancora bambino. Il terzo concerne il legame che c’è tra i suoi miracoli e il cibo o quel che serve per vivere nella gioia. Come tutte e tutti noi Domenico ha una madre, e il primo contatto che lui ebbe con la realtà lo ebbe per mezzo di sua mamma, attraverso un sogno. Si racconta che la madre di Domenico, Giovanna d’Aza, durante la gravidanza, sognò che un cagnolino che teneva nella bocca una fiaccola accesa usciva dal suo ventre. La nostra spiritualità è nata nel sogno di una donna. Il sogno indica un sentire profondo e una capacità di guardare al di là dei fatti così come si presentano. Un sentire differente che Domenico impara fin dal seno di sua madre e che lo accompagnerà nel corso della sua vita. Anche la capacità di visione l’ha “imparata” da sua madre; era ancora bambino e lei vide che sulla sua fronte c’era una luna splendente. La luna oltre a segnare i ritmi della vita, illumina la notte e Domenico, nel corso della sua esistenza, non solo rispecchierà la fedeltà ai ritmi della vita, ma illuminerà i lunghi tempi notturni dell’umanità. La luce della luna non acceca ma illumina e permette di scorgere il cammino anche di notte. È proprio di Domenico non imporsi con arroganza e forza, ma far sì che tutti possano percepire il cammino. C’è un ritornello che scandisce i racconti di coloro che parlano di lui: “mosso a compassione”. Il suo non è un sentire sporadico o un pensiero puramente intellettuale, ma un sentire del corpo educato dall’anima. È ancora il Libellus a dirci che Domenico “accoglieva tutti nell’ampio seno della sua carità”. Questa è un modo di essere e di stare nella realtà. L’ultimo aspetto che sottolineo della personalità di Domenico, tra delicatezza, cura e parresia, è quello dei suoi miracoli, e direi: i suoi indispensabili miracoli. È così come ce lo descrivono i suoi contemporanei e soprattutto le monache. I miracoli di Domenico sono legati alla vita nei suoi aspetti più essenziali, guarire, mangiare, bere: tutto per restituire donne e uomini, frati e monache, alla gioia. Sono tanti gli episodi e tutti riguardano la salute, il cibo – fondamentalmente il pane e anche quel piccolo sovrappiù che celebra la gioia: il vino, quanto basta –, ma anche la pioggia, fonte di vita. Fin da subito, nella vita di Domenico, si manifesta questa sensibilità. Quando studia a Palencia vende le sue pergamene per comprare cibo per gli affamati a causa della carestia. Questo gesto ci dice che lo studio, che diventerà un aspetto importante per tutto l’Ordine, è sempre legato ai veri bisogni e alle necessità degli altri. Chissà che questo non sia per noi, oggi, il miracolo più bello da compiere.