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Da Cnosso al web, la piazza è relazione

Fiorenzo Facchini

Piazza: la parola evoca incontro, accoglienza, relazione fra le persone. La piazza ha un grande valore simbolico per una comunità. La documentazione storica sulla piazza è relativamente recente, ma si può ritenere che – fin da quando si è sviluppata l’urbanizzazione con l’insediamento stabile su un territorio e la formazione di una comunità – vi siano stati luoghi di incontro aperti a tutti, molto prima dell’agorà dell’antica Grecia e del forum di epoca romana. Ciò poteva avvenire quando le dimensioni dell’agglomerato erano tali da rendere utile la destinazione di uno spazio a incontri di carattere pubblico. Con il tempo la piazza assume caratteristiche di uno spazio chiuso o delimitato per incontri generici o finalizzati (per esempio lo scambio di merci). Se ne hanno testimonianze antiche nell’età del bronzo. Così a Cnosso (Creta) nel terzo millennio a.C.
La relazione tra le persone costituisce l’ambiente dell’uomo. Non gli basta la relazione con le cose, con l’ambiente naturale, e neppure la relazione di parentela. C’è una relazione con i propri simili, extraparentale, intesa come relazione interpersonale con scambi di conoscenze ed esperienze, di cui ha bisogno la persona. Essa caratterizza il vivere sociale. L’identità dell’uomo si costruisce nella relazione sociale, che include lo scambio dei prodotti della propria attività, la condivisione delle proprie vedute, nonché delle forme di divertimento, i progetti da attuare in collaborazione.
Anche l’organizzazione dello spazio di una piazza per renderla accogliente può favorire la comunicazione e i rapporti. Negli agglomerati urbani di epoca storica la piazza si arricchisce di monumenti, palazzi, chiese. Essa diventa il centro e il simbolo della comunità. Non per niente ogni paese, ogni città ha la sua piazza. Ogni piazza ha il suo nome che ricorda personaggi o eventi locali o nazionali. Ancora oggi in alcune città, come Marrakech, in Marocco, vi sono grandi piazze in cui si possono trovare attrazioni di ogni genere, dai domatori di serpenti, ai venditori di spezie, ai ballerini, ai banchi che offrono piatti tradizionali.
Nel momento che stiamo vivendo, caratterizzato da nuove forme e linguaggi di comunicazione, viene da chiedersi se si possano configurare nuove “piazze”, non legate a un luogo, ma a sistemi di comunicazione basati sulla tecnologia. Si pensi ai social network (Facebook, Twitter...) e alla comunicazione visiva tra più persone anche lontane. Si realizzano così piazze “virtuali”, sempre più numerose. La piazza reale è meno praticata. Non è più il luogo dei comizi per la vita politica, anche se può restare luogo di incontro per le grandi occasioni. È in atto un’evoluzione della piazza reale, con un ampliamento di piazze virtuali. Ci si può chiedere se questi nuovi e diversi modi di comunicare possano sostituire nel tempo o rendere meno interessante la piazza reale. Le nuove forme di comunicazione che realizzano una “piazza virtuale” sono per loro natura limitate a quelli che vi aderiscono e non immediatamente aperte a chi non ne fa parte: gli interlocutori sono in qualche modo selezionati e l’interazione è meno universalistica. Il linguaggio diventa inevitabilmente selettivo. Anche l’incremento dei giochi elettronici su internet, in cui spesso non vi sono interlocutori reali, ma creati dal sistema, impoverisce la relazione tra le persone, con un degrado reale della comunicazione. Certi giochi elettronici praticati dagli adolescenti non favoriscono la socializzazione, ma la solitudine.
Se poi consideriamo il possibile sviluppo della cibernetica e della robotica nella vita della società, e le prestazioni che possono offrire, il rischio dell’impoverimento della relazione tra le persone si accresce. La piazza reale dovrebbe continuare a essere un riferimento per la vita sociale della comunità, superando l’eccessiva tecnicizzazione della comunicazione e il conseguente svuotamento della relazione tra le persone nei valori umani. Ciò però richiede una valorizzazione delle potenzialità che la piazza può offrire, così da rendere interessante praticarla. Per una società di persone queste relazioni restano più importanti che quelle con un cellulare o con i videogiochi.