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​Un giorno Gesù, insieme con i suoi discepoli, stava attraversando una zona pagana dove pure si era già diffusa la sua fama di taumaturgo. Una donna cananea gli gridò: «Signore, Figlio di Davide, mia figlia è molto tormentata da un demonio!» (Mt 15,22). Egli, però, non le rivolse neppure una parola. Poiché la donna non desisteva, i discepoli lo esortavano a esaudirla. E Gesù – tra lo sconcerto di tutti – le diede una risposta negativa, a prima vista persino offensiva: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini» (Mt 15,26). La donna non si abbatté, né si indignò, ma con grande umiltà e con più grande fede e audacia ribatté: «È vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni» (Mt 15,27). Proprio a questa testimonianza Gesù aveva inteso portarla, per esaudirla mettendo in piena luce la sua schietta fede. Chiaramente Gesù voleva anche dimostrare che tra i pagani si potevano trovare persone più credenti che nel popolo eletto, in cui molti avevano orecchie sorde e cuori induriti. Disse infatti: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri» (Mt 15,28).

Avvenga! È il verbo degli eventi di grazia.
Allo stesso modo avvenne la guarigione del servo di un centurione in servizio a Cafarnao: «Signore – così supplicò il funzionario romano – il mio servo è a letto paralizzato e soffre terribilmente» (Mt 8,6). «Verrò e lo guarirò», fu la risposta di Gesù. Ma il centurione si disse indegno di ricevere Gesù nella sua casa, convinto che sarebbe bastata una sola sua parola, un suo autorevole comando, per vincere la malattia. Anche davanti a quest’uomo, ancora pagano, Gesù esclamò: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande!». E al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto» (Mt 8,13). La fede del centurione ha messo in atto il potere salvifico di Gesù: Avvenga come hai creduto! Come si crede, così avviene. Le stesse espressioni si trovano quando Maria risponde all’angelo che le annunzia l’Incarnazione del Verbo nel suo seno: «Avvenga di me quello che hai detto». E per questo Elisabetta salutò la Vergine Madre esclamando: «Beata te che hai creduto!» (Lc 1,45).

Il credere è anzitutto un atto di umiltà e di fiducia; con semplicità si crede possibile a Dio ciò che è umanamente impossibile. A chi non crede questo atteggiamento può sembrare ingenuo, infantile; in realtà è indice della vera maturità spirituale. La tentazione ricorrente dell’uomo è di farsi un dio a propria misura, ponendo sempre al centro il proprio “io”. La fede è invece un atto di superamento di se stessi e uno slancio verso l’incommensurabile. Allora la forza della fede muove l’onnipotenza di Dio.

di Anna Maria Cànopi