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Semplice perché rigoroso

​di Mario Botta

Nei decenni che hanno fatto seguito alla Seconda guerra mondiale, i Paesi scandinavi – Svezia, Finlandia, Danimarca e Norvegia – hanno affrontato le spinte innovative della cultura moderna, elaborando un nuovo linguaggio architettonico che ha, almeno in parte, addomesticato il primitivo rigore formale degli stilemi “razionali”. Un atteggiamento pragmatico, semplice e funzionale che ha via via promosso una forma di “regionalismo critico”, con inedite forme espressive tese a valorizzare l’uso di materiali naturali, quali pietra, mattone di cotto e legno.
La grande tradizione costruttiva di quei territori è stata sapientemente adattata alle condizioni climatiche lasciando spazio a una componente organica che contraddice le forme tecnico-razionali proprie della Bauhaus.
L’architetto Peter Celsing (1920-1974), come altri suoi illustri colleghi – Lewerentz, Sverre Fehn o Jørn Utzon –, ha riletto la tradizione di quel territorio e utilizzato materiali indigeni poveri, in particolare il mattone di cotto, trovando forme espressive di grande qualità.
Il tema della muratura è interpretato con forme semplici ed essenziali, dove campiture omogenee evidenziano l’uso ripetitivo e multiplo dei mattoni che tracciano tessiture murarie forti con suggestivo decoro.
Nel linguaggio nordico, la semplicità, il rigore, la chiarezza delle parti compiute e l’economicità dei materiali lasciati a vista, trasformano le superfici architettoniche in veri e propri arazzi, dove il rincorrersi delle trame dei giunti ottiene vibrazioni di particolare bellezza.
La chiesa di St. Tomas, costruita fra il 1955 e il 1959 a Vällingby, nei pressi di Stoccolma, ne è una conferma. Le ampie superfici murarie semplici sono degne di composizioni neoplastiche.
L’impianto planimetrico dell’insieme ecclesiale, compatto e inscritto dentro il perimetro quadrato dell’isolato, offre uno spazio introverso, dove il cortile al centro diventa generatore della luce naturale per le funzioni disposte ai lati.
L’aula della chiesa è formata da un’unica navata che occupa un intero lato del quadrilatero, uno spazio spartano, austero, che profila il tracciato geometrico del perimetro e diviene nel contempo accogliente grazie all’uso dei materiali e alla loro capacità di mostrarsi come parti tettoniche con una semplicità disarmante.
Nell’opera di architettura, dove protagonista resta sempre il fruitore con la propria sensibilità, la chiarezza compositiva risuona come virtù quando corrisponde alla verità costruttiva e nel contempo evoca la logica del pensiero.
Le architetture dei maestri nordici posseggono il pregio della semplicità: costruire là dove le condizioni climatiche sono difficili esige un rigore che spesso si trasforma in bellezza.
Queste sono condizioni che risuonano come l’opposto rispetto a quanto dobbiamo invece registrare nell’“edilizia recente”, contrabbandata dai media come “architettura moderna”. Un’architettura dove il processo che porta alla costruzione viene sostituito da procedure affrettate e disinvolte, con “assemblaggi” e “collage” pasticciati fra le differenti componenti. Forse anche per questi confronti, l’architettura dei Paesi nordici conserva, nell’area mediterranea, un proprio fascino.
Costruire bene resta un atto di onestà intellettuale, e in architettura la bellezza è una realtà inseparabile dal vero e dal giusto, una realtà che resta obiettivo prioritario del nostro lavoro.