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La storia esemplare di Aalto

​di Mario Botta

Per costruire una chiesa oggi, nel bel mezzo di una fragile e complessa società secolarizzata, è necessario avere un’idea progettuale semplice e convincente, fondata sull’eredità di un sapere disciplinare forte in grado di dialogare con la storia sociale del proprio tempo. Solo in tal modo sarà possibile evitare di aggiungere altri danni al disastrato contesto urbanistico formatosi negli ultimi decenni come ampliamento delle nostre città. La Chiesa, con la sua bimillenaria eredità storica di cultura cristiana, non può ora limitarsi a semplici risposte tecnico-funzionali, senza incidere significativamente come presenza nel panorama culturale. Abitare è una condizione sociale che descrive la presa di possesso degli spazi nel tempo della vita, dove le “pietre” diventano parti del paesaggio e della memoria: diventano luoghi carichi della nostra storia collettiva. Soprattutto per questo le chiese hanno da sempre celebrato il massimo della bellezza che la coscienza artistica ha saputo esprimere.
Anche oggi, quando una comunità ecclesiale commissiona una nuova chiesa, viene tacitamente chiesto di rinnovare la continuità di una tradizione liturgica. È la cultura del nostro tempo che ha bisogno di forme espressive capaci di comunicare, nella Babele dei linguaggi, nuove, autentiche sensibilità.
Il più che ventennale iter progettuale della chiesa di Santa Maria Assunta dell’architetto Alvar Aalto (1898-1976), a Riola di Vergato, in provincia di Bologna, approfitta di un periodo felice e privilegiato promosso dal cardinale Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna dal 1952 al 1968, che negli anni Sessanta del secolo scorso si adopera per il rinnovo sociale, culturale e liturgico (pre e post-conciliare) della comunità cittadina. Basti pensare che in quegli anni, nell’arcivescovado di Bologna, aveva trovato i suoi uffici la redazione della rivista “Chiesa e Quartiere” che contava l’impegno di alcuni intellettuali e architetti che caldeggiarono la chiamata dell’architetto finlandese. Tempi di grandi entusiasmi per questa nuova chiesa, ma anche tempi difficili, se si sono resi necessari tre decenni per portare a termine i lavori di un architetto già sperimentato: il progetto fu presentato il 3 dicembre1966, mentre il campanile sarà terminato soltanto nel 1994. Né  il cardinal Lercaro né Aalto avranno la gioia di vedere l’inizio del cantiere, che prenderà avvio solo dopo la loro morte.
Ora, a distanza di anni, possiamo meglio vedere la realtà di quello sviluppo edilizio e sociale che, al di là di alcune iniziative istituzionali di grande impegno, vedeva affermarsi una cultura mercificata a tutte le latitudini del Paese, con un imbarbarimento edilizio su cui ancora oggi, con altri appellativi (globalizzazione, società dei consumi), siamo chiamati al confronto. A Riola, l’architetto progetta un’unica aula assembleare che si conclude nel presbiterio con un corpo edilizio parallelo al fiume Reno, assunto come vero e proprio spazio paesaggistico di riferimento. In questa costruzione, che si rapporta con la natura circostante, trova espressione la migliore sensibilità di Aalto, in un raffinato linguaggio architettonico. All’interno, la navata con telai in cemento prefabbricato dà forma a un unico spazio liturgico, dove il luogo della “parola” assume una propria centralità e privilegia la partecipazione dell’assemblea. Nell’insieme, l’opera di Alvar Aalto, grazie a un adeguato uso della luce naturale, realizza un’immagine architettonica di grande qualità, un vero luogo dello spirito capace di incarnare la nuova modernità.