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James MacMillan, voce cattolica dalla Scozia operaia

​«Il significato profondo del termine “sacro” trova le sue radici nel “qui” e “ora”, nelle gioie e nei drammi della nostra vita, sulla roccia e nel pantano della realtà quotidiana…». Sono queste le fondamenta sopra cui il compositore scozzese James MacMillan (classe 1959) ha deciso di poggiare il suo cammino di ricerca artistica e spirituale: nell’hic et nunc dei piccoli gesti di tutti i giorni e delle grandi riflessioni esistenziali si alimenta infatti il percorso creativo di uno degli autori più originali e interessanti del panorama musicale contemporaneo. Cresciuto in una famiglia della classe operaia ancorata alla tradizione culturale cattolica scozzese, nella consapevolezza della ricchezza e della bellezza dei riti e dell’apparato liturgico della Santa Romana Chiesa, per lui il canto gregoriano ha da sempre rappresentato il “suono” per eccellenza. «La musica ci permette di intuire un barlume di qualcosa che si spinge ben oltre gli orizzonti della dimensione materiale e terrena. Non si può vedere, non si può toccare, non si può mangiare, ma la sua presenza palpabile si fa sempre sentire; non solo in senso fisico, ma secondo modalità che arrivano a raggiungere gli abissi dell’anima. Che cos’è dopo tutto la musica? È semplicemente una successione di note sul pentagramma? Se così fosse, come potremmo mettere sullo stesso piano quegli strani simboli, neri e statici, con le emozioni intense e talvolta convulse che provocano quando i suoni che ne derivano fanno irruzione nelle nostre orecchie, nei nostri cervelli, nei nostri corpi e nei più intimi segreti del nostro essere? La musica ci offre una visione di noi stessi che è maggiore della semplice somma delle nostre parti». Considerato tra i più importanti artisti della sua generazione, MacMillan è stato tra l’altro compositore/direttore della BBC Philharmonic dal 2000 al 2009, e i suoi lavori vengono eseguiti nelle maggiori sale da concerto di tutto il mondo. Non solo, è anche una voce attiva nel dibattito contemporaneo: ha infatti curato a lungo un blog sul sito del “Telegraph” ed è spesso ricercato dai media per commentare le notizie e le tendenze della società moderna. Aveva solo diciassette anni quando scrisse la sua Missa Brevis, e da allora non ha mai allentato il legame con la musica sacra, riuscendo a coniugare in modo estremamente efficace e innovativo l’eredità del passato con le spinte verso la modernità, in una sintesi vincente testimoniata da pagine come la Messa per il beato John Henry Newman (tenuta a battesimo nel 2010 davanti a Benedetto XVI), l’oratorio Visitatio Sepulchri, il concerto per percussioni Veni Veni, Emmanuel, il Magnificat, il Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 “I Misteri della Luce” (dedicato ai Misteri luminosi del Rosario, introdotti da san Giovanni Paolo II), la monumentale St. John’s Passion, i Tenebrae Responsories o la cantata per coro e archi Seven Last Words from the Cross (“Le ultime sette Parole dalla Croce”).
Affidate al pentagramma, sono queste le risposte alle insopprimibili domande di bellezza e di significato ultimo che hanno caratterizzato le tappe principali della traiettoria creativa del maestro scozzese, e acceso la scintilla della ispirazione autentica, originale e a volte provocatoria della sua inesauribile vena compositiva.

di Andrea Milanesi

Ha collaborato Alessandro Beltrami