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Il polittico dell'Agnello Mistico e il sigillo di Maria

​Maria Gloria Riva

Entriamo nella casa di Maria accompagnati da Jan e Hubert van Eyck. Nel dipingere gli sportelli chiusi del Polittico dell’Agnello essi intingono i loro pennelli nei toni bruni della terra, del­l’humus, di quella umiltà semplice che tanto si addice alla Vergine. L’Eterno entra nel Tempo e accende di splendore l’umana Maria.
Beati i poveri in Spirito, perché di essi è il regno dei Cieli: si riflette nella semplicità austera e signorile della casa di Maria questa beatitudine. La Vergine è colta con le mani incrociate sul petto mentre pronuncia il suo «Eccomi!» Sì: «Eccomi, sono la serva del Signore». Serva perché povera, ma ricca del Regno perché tutta votata al suo Dio. Un delizioso pozzo domestico ci racconta la natura spirituale profonda di questa prima beatitudine: Maria, direbbe san Francesco, è come l’acqua «humile et pretiosa et casta».
L’austerità di questo portale d’ingresso e lo Spirito Santo che, per le parole dell’Arcangelo, compie la prima epiclesi della storia planando sulla Vergine con le ali a forma di croce, raccontano il disegno sofferto, nascosto nel sì di Maria. Beati gli afflitti perché saranno consolati: è un destino di croce quello del Verbo germinato nel grembo di Maria. Un destino che ella abbraccerà fino in fondo, come suggeriranno le parole profetiche che il santo Simeone pronuncerà più tardi nel tempio: «Anche a te una spada trafiggerà l’anima».
Nel segno bruno dei poveri e dei miti che erediteranno la terra trasfigurata dalla gloria divina, si aprono i pannelli esterni e la rutilanza dei colori del Cielo, nell’interno del Polittico, ci investe.
Nella sua verecondia, Maria ha davvero ereditato la terra: nel registro inferiore dell’interno del Polittico scorgiamo tutte le generazioni che ne hanno cantato la beatitudine. Adamo ed Eva con i segni dolorosi del loro peccato assicurano la continuità fra i toni terrosi del Polittico chiuso, memoria dell’esilio terreno, e la magnificenza del Paradiso narrata nel Polittico aperto. Era tanto tangibile la sua maestà che, data la sua ampiezza, il Polittico non poteva essere totalmente aperto. Come le Beatitudini sono irraggiungibili all’uomo nella loro totalità, così il Polittico dischiude sì il fulgore delle gemme della città futura, ma rimane semi aperto a dire l’impossibilità, in questo mondo, di vederne compiutamente lo splendore.
Il Polittico di Gand è, di fatto, dedicato alle schiere dei santi che la sera del 31 ottobre, vigilia della festa di Ognissanti, salgono in Paradiso a rendere omaggio alla Trinità. Otto gruppi di beati, numero delle Beatitudini, quelli che come Maria e Giovanni il Battista, seduti in trono ai lati della Trinità, hanno avuto fame e sete della giustizia.
Ora Maria è consolata nel vedere compiuta la gloria del suo Divino Figlio, Agnello ritto e immolato che campeggia sull’altare incastonato entro il profondissimo panorama delle terre di Gand. Il Mistero qui e ora. Maria è la donna che in ogni tempo, in ogni terra e a ogni latitudine, narra con la sua vita la consolazione divina per i cercatori di verità.
Non è cancellata la memoria del Sacrificio, attorno all’altare i simboli della passione in mano agli angeli. Spicca, insieme con la croce, la colonna della flagellazione, la stessa colonna presente nella casa di Maria del panello chiuso, a dire la partecipazione intima della Madonna all’umiliazione del Figlio suo.
I volti di Maria e di Eva sono identici, come i volti di Adamo e del Battista: laddove c’era la dolente memoria del peccato c’è, ora, la serena certezza del compimento del piano divino della misericordia. Maria è stupenda nello sguardo abbassato sul suo ventre, ove accoglie la Parola: sub tuam misericordiam, cantava la più antica preghiera mariana, ancorata alla primitiva accezione del significato del termine ebraico rahamim, misericordia, ma anche utero.
Entro il tuo grembo, che ha contenuto ciò che i cieli dei cieli non potevano contenere, troviamo rifugio, santa Madre di Dio! Tu sei davvero la misericordiosa, colei che ha portato nelle sue viscere le viscere compassionevoli dell’Altissimo. In questo tuo utero umano, che Dio non ha aborrito, troviamo la conferma più grande e tangibile del suo perdono per tutti. Così per i tuoi occhi puri, per la tua purezza sofferta simboleggiata dai gigli e dalle rose della tua corona, noi tutti possiamo vedere Dio. Possiamo anelare a quella stessa purezza di cuore che ci permette, qui ed ora, di vedere trasfigurata la materia e disvelata la gloria della Presenza. Come nel Polittico: la città di Gand, quotidiana e oscura all’esterno, si rivela nei pannelli aperti colma della magnificenza divina.
Gruppi di santi, operatori di pace e perseguitati per la giustizia salgono verso il trono dell’Altissimo. Al centro scorgiamo, colte in adorazione, figure radunate in gruppi: in primo piano i Dottori della Chiesa, gli apostoli e i martiri; sullo sfondo i confessori e le vergini. Negli altri pannelli del registro inferiore altri quattro gruppi, sono gli operatori di pace: i giudici giusti, i cavalieri di Cristo, gli eremiti e i pellegrini.
E Maria con loro, come chiusa nel Cenacolo, attende con l’umanità quello Spirito che rende possibile ogni beatitudine. Lo Spirito Santo si libra nel cielo di Gand tra l’Agnello immolato e Dio Padre in trono. Il Padre ha il volto di Cristo, e sul trono l’effige del Pius Pellicanus, mirabile sintesi liturgica della volontà divina di salvare la nostra carne, con la carne immacolata del Verbo. Caro Christi, caro Mariae cantava Tertulliano. La carne di Cristo è la stessa carne di Maria, la nostra umile carne dove il Verbo ha preso dimora.
Un’ultima beatitudine fu gridata alla Vergine da una donna stupita per le Parole del Signore Gesù: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». Ma Cristo replicò: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano!» (Lc 11,27-28). Sulle ginocchia di Maria è aperto il libro della Parola divina, una parola così amorevolmente contemplata dalla Vergine da essere diventata in lei carne e sangue: il Verbo si è fatto carne e ha preso dimora fra noi. Così l’espressione di Gesù, che potrebbe apparire un’obiezione alla beatitudine gridata da quella donna e dettata da uno slancio colmo di ammirazione, è in realtà la sintesi perfetta delle otto Beatitudini. Maria è la donna della Parola e discepola perfetta del Verbo: in lei ogni sua Parola si è fatta carne.