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Il Golgota di mattoni a Seul

​di Mario Botta

La comunità della chiesa ecumenica presbiteriana, presente in Corea fin dal 1945, ha dovuto attendere fino all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso per avere una chiesa in città capace di testimoniare la propria fede.
Il disegno per questo significativo edificio di culto è stato affidato al giovane e talentuoso architetto coreano Kim Swoo-geun, purtroppo mancato all’età di soli cinquantacinque anni nel 1986. A lato di una grande arteria di scorrimento che si dirama dal distretto di Gangnam (un recente polo di aggregazione urbana sulla sponda sinistra del fiume Han) a Seul per dirigersi poi verso ovest, la Kyungdong Presbyterian Church si presenta all’osservatore come una vera e propria collina minerale che occupa l’intero lotto catastale.
Si tratta di un insieme architettonico composto da una fitta serie di torri in mattoni di cotto poste in contiguità e attorniate all’esterno da una scala-percorso: una sorta di collana perimetrale che configura al suo interno lo spazio assembleare della chiesa con l’ingresso principale al primo piano. I costoloni in cemento armato si raccordano alle strutture portanti perimetrali, disegnando all’interno uno spazio di forte impatto espressivo chiuso da un tetto su cui è collocata un’area anfiteatrale all’aperto.
Il linguaggio dell’architetto spinge all’estremo le sperimentazioni espressioniste di quegli anni, che tendevano a sottolineare la forza strutturale del cemento armato. Il movimento del “new brutalism”, d’altra parte, può annoverare in quei decenni realizzazioni importanti proprio attraverso gli edifici di culto: il convento di Santa Maria de La Tourette di Le Corbusier, le chiese di Gottfried Böhm e Walter Maria Förderer in Germania e in Svizzera, o alcune particolarmente significative realizzate nei paesi nordici con un’ampia sperimentazione della muratura di cotto a vista.
Il “diktat” organico di quegli anni indica materiali naturali usati con una forte espressività, dove gli spazi si presentano come paesaggi scultorei.
Certo, Kim Swoo-geun grazie al forte linguaggio plastico offre all’osservatore differenti interpretazioni metaforiche e simboliche (il percorso della scala esterna può essere interpretato come il Golgota, le due torri absidali come gesto delle mani congiunte).
Con il trascorrere del tempo quest’opera rischia purtroppo di trasformarsi come una parte di paesaggio naturale, con una vegetazione spontanea che cresce fra i giunti delle parti prefabbricate, e numerose infiltrazioni d’acqua che, come spesso accade, perseguitano anche i migliori architetti.
Al di là dei problemi tecnici e funzionali, questa chiesa riesce a esprimere una forza creativa impressionante, tanto che nel panorama della città cresciuta negli ultimi decenni resta una delle poche testimonianze di grande forza istituzionale, di grande qualità, di grande respiro, in grado, da sola, di annientare con la propria presenza la fragile rassegna edonistica delle architetture high-tech che si allineano lungo la medesima strada. La Kyungdong Presbyterian Church si pone come alternativa a queste architetture della società dei consumi, totalmente intercambiabili nella loro collocazione.