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Giacomo il tonante

di Maria Gloria Riva 

​Il suo viaggio in Spagna non ebbe grande esito, cosicché il nostro Boanerghes, apostolo molto caro a Gesù e fratello di Giovanni, tornò in Giudea, avvilito. È san Giacomo il Maggiore, conosciuto anche come Santiago per il luogo dove si trova il suo corpo, meta di ininterrotti pellegrinaggi.
Dopo quel primo viaggio, secondo la Legenda Aurea non ne fece altri: tornò in patria e lì, avendo convertito dei giudei, e in particolare il mago Ermogene e il suo adepto Fileto, fu consegnato nelle mani di Erode Agrippa che lo fece uccidere di spada. Siamo nel 42 d.C. ed è il primo, tra gli apostoli, a subire il martirio.
Tra gli innumerevoli ideali ritratti di san Giacomo uno, al Prado, esprime in modo efficace il carattere focoso e nobile insieme dell’apostolo. Juan de Flandes lo dipinge, infatti, con il cipiglio di colui al quale si addice il titolo conferitogli da Gesù nel Vangelo: Boanerghes ovvero figlio del tuono. Veste il copricapo degli ebrei osservanti e reca in mano un libro preziosamente rilegato. Sullo sfondo un palazzo meraviglioso, forse quello della regina Lupa, sovrana della Galizia, che fu trasformato in una chiesa per accogliere le spoglie mortali dell’apostolo. Per sfuggire alla persecuzione continua dei giudei, infatti, i discepoli di Giacomo dopo la sua decapitazione, temendo una profanazione, imbarcarono il cadavere e presero il largo senza una meta precisa. La provvidenza li spinse fino alla Galizia dove, appunto, dopo una serie di avventure e di prodigi operati dalle reliquie dell’apostolo, riuscirono a convertire la temuta regina Lupa e a dare una degna sepoltura al santo. Nell’XI secolo la tomba fu ritrovata in modo misterioso e da quel momento iniziarono i pellegrinaggi noti oggi come Cammino di Santiago.
San Giacomo, a dispetto del libro che il pittore fiammingo gli mette fra le mani, non ha mai scritto nulla e la lettera di Giacomo che conosciamo è attribuita a Giacomo il minore, detto anche il Giusto. Il nostro Santiago fu però il primo apostolo a dare la vita per il Vangelo. Col suo sguardo abbassato e l’espressione meditabonda sembra intento a riflettere sul suo destino: le diatribe accese con i suoi connazionali, invidiosi perché la sua predicazione mieteva numerose conversioni. O forse tra le mani tiene il Vangelo di Matteo, con le dita infilate proprio in quella pagina dove sua madre chiede a Gesù un posto di rilievo per i suoi figli. La risposta del Signore giunse lapidaria: sì, essi avrebbero bevuto al suo stesso calice.
Juan de Flandes descrive con minuzia gli attributi fondamentali del santo: il sanrocchino, il bordone, la capasanta e la scarsella. Ognuno di questi ha una storia. Il sanrocchino è un mantello con cappuccio che, mentre protegge dal sole o dalle intemperie, permette, proprio perché corto, di camminare agevolmente. Il bastone, o bordone, è l’altro indispensabile elemento del pellegrino. La capasanta, che san Giacomo qui porta sul copricapo, testimonia un’usanza tipica dei primi pellegrini i quali, arrivando a Compostela, prolungavano il percorso fino a Finisterre sulle rive dell’Atlantico. Dopo un bagno purificatore nel quale rinnovavano le promesse battesimali, raccoglievano una conchiglia a ricordo del pellegrinaggio. La conchiglia divenne così attributo fondamentale non solo del santo ma anche di ogni jacopeo.
Narra la Legenda Aurea che un soldato, diretto a Compostela, portò con sé un sacchetto per conto di una devota di Santiago e caricò sul suo cavallo un malato che pure desiderava recarsi dal santo per guarire. Il soldato, andando a piedi, per la fatica del viaggio si ammalò e, in punto di morte, vide apparirgli san Giacomo con il bastone e la scarsella della donna, uno a mo’ di lancia, l’altra a mo’ di scudo. Scacciati così i demoni che volevano impadronirsi dell’anima del soldato, Santiago gli aprì la strada verso il paradiso. Ecco che il santo rimase immortalato per sempre così, con bastone e bisaccia, pronto a liberare dal maligno e dalla morte ultima tutti i suoi devoti.