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Quando la foto segna il tempo

Da Giacomelli a Capa, da Erwitt a Ray: il ritratto più vero della realtà è figlio dell’ascolto

Elliott Erwitt, Parigi (1989), Francia (© Elliot Erwitt/Magnum Photos).

Elliott Erwitt, Parigi (1989), Francia (© Elliot Erwitt/Magnum Photos).

Perchè un fotografo è grande? Perché un uomo illumina con le sue immagini il nostro tempo? Perché quest’uomo, o questa donna, hanno trovato un punto di vista, parziale come è nel destino di noi tutti, ma capace di cogliere le tensioni del mondo. Leggendo le venti biografie che compongono il volume Grandi fotografi, edito da Contrasto, colpiscono al cuore le parole di Mario Giacomelli. «La fortuna – dice il maestro – è quella di essere nati poveri». La povertà come vicinanza alla terra e agli ultimi dei suoi figli. La povertà come verità scelta, inizio e fine di ogni sguardo. E da quest’orizzonte basso, il primo a essere toccato dalla luce immensa del sole, da questa Italia arcaica si passa all’America degli anni ’50, la terra promessa che accoglie Elliott Erwitt, fotografo Magnum. Un grande nella leggerezza e nel motto di spirito. Un grande quando ricorda che la prima regola nel suo lavoro «è avere cura di ciò che ci circonda e avere interesse per l’umanità e la commedia umana». E questo, spesso, vuol dire essere contro. «Ho voluto diventare fotografo per essere un fotografo di guerra», spiega qualche pagina dopo James Nachtwey. «Ma una fotografia che rivela il volto vero della guerra è quasi per definizione una fotografia contro la guerra». Per entrare nella storia, anche dell’immagine, ci si espone, si protesta, si fa un passo più avanti o, se occorre, più indietro degli altri. Lo sa Robert Capa, quando partecipa allo sbarco in Normandia, lo sa Sebastião Salgado, quando fotografa in controluce, «la mia estetica, e penso al Brasile della mia infanzia e all’immagine di mio padre che, tornando a casa, procedeva nell’ombra per ripararsi dal bagliore accecante, con il suo cappello». E nello slancio surrealista lo sa Man Ray, quando confessa di amare le contraddizioni perché «è il modo di affermare la mia libertà». Liberi, contro, a piedi nudi sulle ferite della terra, in ascolto. Sono così i grandi. Casualmente fotografi.
 
testo di Laura Leonelli