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Venezia. Un Arsenale per scrivere la storia

Da qui uscivano le navi che conquistarono il Mediterraneo. Ora è sede della Biennale

​Alessandro Beltrami
Curiosa coincidenza. Venezia vista dal cielo ha la forma inequivocabile di un pesce. I pesci, è noto, hanno nella pinna caudale il principale organo motorio. Nella “coda” del pesce veneziano c’è l’Arsenale: il grande motore della potenza della Serenissima. Da qui infatti uscivano le navi mercantili e da guerra che consentirono alla repubblica di San Marco di fare dell’Adriatico, dalla laguna fino al canale d’Otranto, il “golfo di Venezia” e di imporre a lungo la propria egemonia commerciale, militare e politica sul Mediterraneo orientale.
Da Venezia si è diffuso nel mondo lo stesso termine “arsenale”. La parola deriva dall’arabo dar as-sina’ah, “casa del mestiere”. I veneziani lo conoscevano per via dei rapporti commerciali con l’Oriente e l’avrebbero fatto proprio come darzanà, poi corrotto nel tempo in arzanà e quindi arzanàl e arsenàl. La forma darzanà è invece rimasta a indicare gli specchi d’acqua interni dell’arsenale: da questi deriva il significato moderno del termine dàrsena.
La nascita dell’Arsenale coincide con la grande fase propulsiva di Venezia all’inizio del XII secolo. La città in questo modo dava uno sviluppo decisivo alla cantieristica navale. Il sito fu individuato in un’area intermedia tra la sede del potere ducale, in piazza San Marco, e quello vescovile, in San Pietro di Castello (chiesa che fino al 1807 fu cattedrale del patriarcato). In termini pratici, l’Arsenale si trova alle spalle del bacino di San Marco, rivolto verso la pianura: una posizione strategica, dato che restava più “coperta” rispetto ad eventuali attacchi dal mare, e inoltre era in prossimità del punto di approdo delle zattere che dai boschi del Cadore, grazie al fiume Piave, trasportavano a Venezia il legname necessario per costruire le imbarcazioni.
L’Arsenale fu da subito un centro di avanguardia sotto il profilo tecnologico e di organizzazione del lavoro. La prima struttura doveva essere composta da ventiquattro “scali” (poi dotati di copertura) divisi da un bacino centrale e circondati da un muro difensivo. Ogni scalo era costituito da un piano inclinato che consentiva di costruire in parallelo e in contemporanea due imbarcazioni. Primo esempio nel Mediterraneo e in Europa di questo tipo, il sistema produttivo dell’Arsenale, con il montaggio in sequenza da parte di squadre specializzate, anticipa il moderno concetto di fabbrica. L’Arsenale doveva apparire un luogo investito dal lavoro come da un turbine. Dopo l’ampliamento tra 1303 e 1325 (con la trasformazione del lago San Daniele, scavato in profondità, in ampio bacino divenuto darsena dell’Arsenale Nuovo) e con quelli susseguitisi nei secoli, l’Arsenale arrivò a coprire in superficie il 15% dell’intera città. Il numero di lavoratori (gli “arsenalotti”) nei periodi di piena attività produttiva raggiungeva la quota media giornaliera di 1.500-2.000 persone, con picchi di 4.500-5.000 iscritti nel Libro delle maestranze, tra “marangoni” (falegnami), “segadori”, “fondidori”, “armadori”, “calafatti” (che rendevano impermeabile lo scafo con stoppa e pece) e “cordaroli”.
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