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Un fragile gioiello blu

Satelliti ma anche stazioni di rilevamento a terra e in mare: lo studio dell’atmosfera è la base per curare la nostra Terra

​Leonardo Servadio


Perché andare nello spazio? «Perché è lì» spiegò John Fitzgerald Kennedy nel noto discorso del 12 settembre 1962 alla Rice University, quando annunciò il progetto di mandare un uomo sulla Luna: citava l’esploratore britannico George Mallory che con quelle parole aveva dato ragione del desiderio di conquistare l’Everest. Era una sessantina di anni fa, sembra un tempo lontano. Si guardava alla nuova frontiera per «lanciarsi nella più grande avventura che l’uomo mai abbia esperito».
Poi ci siamo resi conto che quell’impresa permette non solo di conoscere lo spazio, ma soprattutto di comprendere meglio il nostro pianeta. Come rileva Umberto Guidoni, il primo astronauta europeo a mettere piede, nel 2001, sulla Stazione Spaziale Internazionale (Iss): «La Terra dallo spazio appare come un gioiello colorato ma anche tanto fragile, al punto che ti viene voglia di abbracciarla».
Per la prima volta nella storia possiamo osservare il nostro pianeta e studiarlo nella sua complessità e nei suoi limiti. Se visto dal basso appare immenso, e la sua natura travolgente e soverchiante, dall’alto si rivela piccolo e la sua natura, che è la nostra, vulnerabile. «Guardavo la Terra ed ero invaso dalla tristezza» ha scritto l’astronauta della Nasa Ron Garan rievocando le sue sensazioni nella “passeggiata” compiuta nel 2008 fuori dall’Iss: «Non potevo evitare di pensare che quasi un miliardo di persone ancora non ha l’acqua potabile e che è incalcolabile il numero di coloro che soffrono la fame, le malattie, le ingiustizie sociali, le guerre, la miseria».
E poi, se la si guarda nella sua globalità, risulta ineludibile la cognizione che ogni elemento che vi si muove sia inestricabilmente interconnesso con tutto il resto della biosfera. Già Platone aveva chiaro il concetto. Nel dialogo a lui intitolato, Timeo spiega come il mondo viva in un continuo scambio tra le sue parti: «L’acqua quando gela diventa pietre e terra, quando evapora e si dissolve diventa vento e aria, e l’aria, bruciando, diventa fuoco e questo, comprimendosi e spegnendosi, ritorna ancora aria, e l’aria, compressa e condensata, diviene nuvola e nebbia, e da queste scorre l’acqua, e dall’acqua nascono di nuovo terra e pietre, di modo che questi corpi si rigenerano ciclicamente tra loro».
Oggi i grandi strati dell’atmosfera sono ben noti e l’osservazione dallo spazio ci permette di apprezzare anche il modo in cui il pianeta si comporta a seguito dei cambiamenti indotti non solo dai fenomeni naturali, ma anche, sempre più, dall’azione umana. La meteorologia riassume queste conoscenze.
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