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Sorella fiamma luce del mondo

Presenza di Dio nella Bibbia, è al centro della poesia di san Francesco e Turoldo

​di Ermes Ronchi e Marina Marcolini

Il fuoco ha svolto un ruolo di importanza incalcolabile nella storia dell’umanità, anzi, del cosmo stesso. «Intessuti nelle nostre vite – sostiene la teologa Elisabeth Johnson – sono il puro fuoco delle stelle (dalla loro combustione proviene il carbonio, la materia prima della vita) e i geni delle creature marine, e tutti, assolutamente tutti, sono parenti nello splendido arazzo dell’essere».
Necessario alla vita quotidiana del mondo, il fuoco è anche sorgente di innumerevoli metafore, riti, considerazioni scientifiche, filosofiche e religiose: «Il fuoco è bello perché brilla e risplende insieme all’idea» (Plotino, Enneade I, 6, 3), illumina e riscalda, vivifica e distrugge, rende visibili le forme e non ha forma in sé, è sulla terra ma si protende verso l’alto, dà speranza e incute timore.
Sono sufficienti pochi riferimenti biblici per trovarci immersi in un oceano grandioso che pervade tutta la storia della salvezza e di fronte al quale si resta come ammutoliti per la sua ricchezza. Del resto il vero simbolo non necessita di parole ma parla con il silenzio.
Arma a doppio taglio, il fuoco è latore di vita e di morte, memoria della Presenza e strumento dell’azione giudicante di Dio. Attributo del mondo celeste, scende sulla terra per la salvezza o la sventura.

L’angelo del Signore apparve a Mosè in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco ma non si consumava. […] Dio gridò a lui dal roveto: “Mosè, Mosè!”. Rispose: “Eccomi!”. (Es 3,2-4)

L’intero itinerario dell’Esodo e della conquista della terra è contrassegnato dalla manifestazione di Jahvè sotto forma di fuoco: è colonna di fuoco, guida luminosa nella notte (Es 40,38); dono dell’alleanza e della legge dal monte infuocato (Es 19,18). Il simbolo del fuoco è così pregnante che, in alcuni passi, la Scrittura propone quasi una identificazione tra Dio e la fiamma: «perché il nostro Dio è un fuoco divorante» (Eb 12,29; cfr. Deut 4,24). Anche il carro di fuoco sul quale il profeta Elia viene rapito è come l’involucro che contiene la presenza di Jahvè e il suo misterioso comunicarsi all’uomo. Il profeta Isaia ha una visione in cui «la luce di Israele diventerà un fuoco, il suo santuario una fiamma» (Is 10,17).
Un passo straordinario del Cantico dei Cantici congiunge nella metafora della fiamma i due protagonisti della storia, Dio e l’amore:

Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l’amore,
tenace come il regno dei morti è la passione:
le sue vampe sono vampe di fuoco,
una fiamma divina! (Ct 8,6)

Una scheggia di Dio, infuocata, è l’amore.

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