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Scultura, la Primavera del Rinascimento

Donatello, Brunelleschi, i Della Robbia: le tappe che hanno segnato il cammino plastico dell’arte italiana tra Quattro e Cinquecento

Il Rinascimento della primavera: parafrasando i termini, si potrebbe dire così a ogni stagione, a ogni temperie di secoli; invertendo le parole i fiori nascono ancora dopo inverni duri, ma luminosi. “La primavera del Rinascimento” è il titolo di una grande mostra a Palazzo Strozzi a Firenze. Eppure ri-nascere non è risorgere. In arte come nella fede quello che conta è l’autenticità dell’amore, la brillantezza della verità, l’innocenza poderosa della visione. Perciò si può rinascere anche d’inverno. Ogni rinascenza (e ce ne sono diverse e diversificate tra loro) ci viene prestata da altre epoche che la strutturano preventivamente per farla planare in ampie radure, piane e temperate, dove il genio maggiore sarebbe quello di far riemergere proverbi figurati da eroi e canoni e tecniche elaborate da sapientissime mani e armonie previste e fulgidi risultati.
 
Intendiamoci, il genio non è così automatico: ma aiuta andare, per convincimenti già esperiti da secoli, a ricogliere filosofie d’arte ben sperimentate ed è stato un compito supremo e difficile innervarle nel turbinio dei primissimi anni del Quattrocento. È come infilare l’ago a occhi chiusi. «Ma nessuno può entrare in quell’alta città della Grazia, se prima la Grazia non è discesa nel suo cuore». Così scriveva san Bonaventura al capo quarto dell’Itinerarium mentis in Deum. Questo è vero anche per questa mirabile stagione del pensiero e delle arti. Dunque prima del ri-nascere c’è la Grazia che presiede alla bellezza, e non solo il furore matematico e l’impervia logica che generano nuove astrazioni, nuove convenzioni. Che cos’è infatti la prospettiva se non una convenzione che, pur ampliando all’estremo il vedere tattile, riduce per paradosso il vedere nel Mistero? Non ciò che è palmare è ri-nascenza, cioè novità e progresso, ma ciò che è risonanza dell’Eterno: verità, magari sofferta e gioiosa, lampo d’arcobaleno, sprazzo di logica fermezza nel sole pallido del natio, mattinale orizzonte.
 
di Massimo Lippi