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Santa Caterina, la forza della mistica

La sua missione impossibile la riceve da bambina: illetterata scrive a pontefici e regnanti, e convince Gregorio XI a lasciare Avignone per tornare a Roma

​Elena Malaspina

Negli ottocento anni di storia dell’Ordine dei Predicatori il carisma affidato a san Domenico si è espresso in forme molteplici, nelle diverse personalità e nei diversi contesti socioculturali. Un domenicano statunitense, Benedict Ashley, ha scritto, nel 1995, che «santa Caterina da Siena può essere considerata la seconda fondatrice della Famiglia domenicana per la sua dottrina spirituale»: l’espressione è sicuramente audace, ma è vero che Caterina sembra dar voce all’esperienza spirituale che è alla radice delle iniziative apostoliche di san Domenico. Non si tratta di un archetipo femminile del carisma domenicano, ma di un’esplicitazione perfettamente integrata con lo spirito del Fondatore, anche se in un contesto socioculturale diverso: la turbolenza delle città italiane, la corruzione del clero e la difficile situazione del papato che, con il ritorno a Roma da Avignone, poteva tentare di sottrarsi agli opposti schieramenti di un’Europa insanguinata dalla guerra dei Cent’anni. Tutto questo evidenziava l’urgenza di una riforma della Chiesa, che molti, come già Petrarca e santa Brigida di Svezia, sollecitavano.
Caterina di Jacopo di Benincasa (Siena, 25 marzo 1347 - Roma, 29 aprile 1380) non era né nobile né dotata di cultura letteraria. Nata e cresciuta vicino alla basilica di San Domenico, aveva familiarità con i Frati Predicatori fin da bambina, e presto «nacque in lei un grandissimo desiderio di far parte di quell’Ordine, per essere utile alla salvezza delle anime insieme agli altri frati». Così scrive il suo confessore e biografo, Raimondo da Capua. Ma era un progetto abbastanza singolare per una ragazza del Trecento! Penultima figlia di una numerosa famiglia di tintori e commercianti, come poteva pensare di andare alla ricerca delle “anime in pericolo” quando, all’età di dodici anni, anche a lei, come a tutte le ragazze in età da marito, non si permetteva di uscire di casa? La sua famiglia, come era normale nell’operosa borghesia benestante della Siena trecentesca, per allargare le proprie relazioni sociali cercava di combinare un buon matrimonio: ma lei, fortificata da un’intensa intimità con lo Sposo divino, maturò allora il desiderio di «vestire l’abito dell’Ordine dei frati Predicatori» e poté comunicare alla sua famiglia, con fermezza, quello che era ormai un desiderio non velleitario, ma una decisione di cui il Signore con un sogno le aveva fatto capire di essere contento. In quel sogno, tra i vari fondatori Caterina sceglieva san Domenico, che le offriva l’abito delle Mantellate, donne che vivevano in famiglia una vita di intensa preghiera e sotto l’egida dell’Ordine operavano nella società civile (attività di assistenza materiale e spirituale): con quell’abito lei, benché donna, avrebbe potuto condividere lo zelo apostolico dell’Ordine, esercitato dai frati in ambito pastorale e sacramentale.
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