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Rossano, con il Codex Purpureus nelle pagine della storia

Sfogliare il Codex Purpureus di Rossano, evangeliario greco del VI secolo, è un viaggio nel tempo della spiritualità e della cultura bizantine

​Cecilia Perri


Parlare del Codex di Rossano, piccolo borgo calabrese intriso di cultura bizantina, oggi parte del comune di Corigliano-Rossano, suscita sentimenti di fascino, di emozione e di mistero. Il fascino è legato, in primo luogo, al fatto che quest’opera unisce all’aspetto artistico un alto valore liturgico, simbolico, storico e identificativo di un territorio, che va a impreziosire quel dato puramente estetico che spesso si ha nei riguardi di un capolavoro. L’emozione nasce dal legame che inevitabilmente si viene a creare tra il Codex e chi ha la fortuna di potersi accostare a questo straordinario oggetto. Il mistero scaturisce dal dibattito ancora vivace e aperto intorno a esso: gli specialisti continuano a produrre nuove ipotesi e interpretazioni, a volte contrastanti, mantenendo vivi i nodi e le contraddizioni che hanno caratterizzato la sua storiografia. La bibliografia sul Codex è sterminata, poiché è stato citato in molteplici studi e in più discipline, di carattere paleografico, esegetico, storico, artistico e liturgico.
Ma cosa è il Codex Purpureus Rossanensis? Si tratta di un evangeliario greco miniato, uno dei più preziosi esistenti al mondo, che contiene l’intero Vangelo di Matteo, quasi tutto quello di Marco, del quale mancano solo i versetti 15-20, e una parte della lettera di Eusebio a Carpiano sulla concordanza dei Vangeli stessi. È costituito da 188 fogli, pari a 376 pagine, di finissima pergamena purpurea, e in origine doveva certamente comprendere tutti e quattro i Vangeli, in uno o due volumi. La scrittura utilizzata è la maiuscola biblica, il testo è distribuito su due colonne di venti righe ciascuna, di cui le prime tre che costituiscono l’incipit dei Vangeli sono scritte con caratteri aurei, mentre le altre in argento.
Il Codex è inoltre arricchito da quindici miniature considerate un assoluto capolavoro dell’arte bizantina. Probabilmente le miniature oggi conservate non sono tutte quelle che ornavano e illustravano l’evangeliario, ma rappresentano certamente un folto nucleo che comprende sia fogli che introducono alle parti di cui è composto il codice, sia rievocazioni dei fatti neotestamentari, concepiti allo scopo di servire la liturgia della chiesa greca. Le scene miniate propongono una rappresentazione sinottica dell’episodio evangelico dipinto, qualificandosi come un Vangelo in figura, dipendente dai testi, ma non puramente illustrativo, connesso all’esegesi dei testi biblici e collegabile alla liturgia. Il ciclo miniato di Rossano è, dunque, più di una narrazione illustrata della vita di Cristo; gli studiosi hanno infatti evidenziato il rapporto con le letture della Settimana santa nella Chiesa bizantina, tradizione ancora in uso in molte comunità della Calabria, sottolineando come le composizioni attingano spesso da più Vangeli contemporaneamente.
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