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Pisa

La grande primaziale condensa nelle forme del capolavoro l’anima di un’epoca, la dimensione spirituale e quella politica

​Iniziata nel 1063/1064, la primaziale pisana – la nuova cattedrale realizzata in margine all’antico centro abitato di Pisa, nella cosiddetta “Piazza dei Miracoli”, la vasta area verde che circonda l’edificio – era l’espressione plastica delle ambizioni della Repubblica Marinara toscana. Pisa, come Genova più a nord, e Amalfi a sud, era in lotta con Venezia per il ricco commercio d’Oriente; ed è sintomatico che nel medesimo anno 1063 anche la città lagunare cominciasse a costruire una magnifica chiesa palatina per i suoi dogi, la basilica di San Marco. Mentre però la Serenissima, che voleva mettere in evidenza il suo rapporto privilegiato con Bisanzio, realizzò San Marco su modello di una chiesa costantinopolitana, Pisa, impegnata nella guerra con il potere musulmano del Mediterraneo occidentale, inventò qualcosa di completamente nuovo, attingendo a prototipi sia romani che nordafricani, e creando così un tempio capace di trasmettere la straordinaria convergenza di impulsi culturali di cui essa era allora centro e fulcro.
La nuova cattedrale con antistante battistero, col celebre campanile e col camposanto monumentale, costituisce il più esteso complesso ecclesiastico dell’epoca. La componente più antica, la cattedrale iniziata dall’architetto bizantino Buscheto (o Buschetto) e consacrata da papa Gelasio II nel 1118, sarebbe tornata cantiere nella seconda parte del XII secolo con l’ulteriore prolungamento della navata principale: le cinque arcate esterne verso ovest e la magnifica facciata furono aggiunte dall’architetto Rainaldo. Realizzata in margine alla città, così era allora, la cattedrale pisana conserva una libertà spaziale unica in Italia e rara in Europa.
Una serie di iscrizioni collocate sulla facciata, risalenti al periodo della costruzione dell’edificio, danno le coordinate storiche e culturali dell’impresa. Due epigrafi compendiano le vittorie che la “urbs clara” – la celebre città – di Pisa aveva riportato sugli arabi nell’XI secolo, tra cui quella di Palermo nel 1063, in celebrazione – e col bottino – della quale era stata iniziata la nuova cattedrale. Un’altra lapide informa che la chiesa è stata «constructa […] civibus suis», costruita dagli stessi cittadini pisani. E l’epitaffio dell’architetto Buscheto (morto nel 1110) – mentre afferma che la capacità d’inventiva e tecnica di questo maestro ha superato sia quella di Ulisse che di Dedalo – dichiara senza mezzi termini che «non habet exemplum niveo de marmore templum quod fit Busketi prorsus ab ingenio»: non ha precedenti il tempio di niveo marmo sorto grazie all’ingegno di Buscheto.
La nuova cattedrale esprimeva cioè l’orgoglio nazionale di una Repubblica Marinara che, a difesa dei suoi commerci, era riuscita a distinguersi nella coeva lotta per il controllo del Mediterraneo.
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