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Notre-Dame, Nostra Signora del fuoco

La quasi millenaria cattedrale di Parigi risorgerà, come già avvenuto dopo le distruzioni della Rivoluzione della cattedrale di Parigi, che è sempre risorta

​di Maria Antonietta Crippa*
La data dell’incendio recente, lo scorso 15 aprile, il suo coincidere con l’inizio della Settimana Santa, con l’aprirsi dunque del tempo nel quale compito e destino di Gesù Cristo in terra si compie nella passione e nella resurrezione, è in se stessa messaggio per il nostro tempo, forse soprattutto per noi europei. È duro richiamo alla fragilità del passato che ancora popola il nostro paesaggio come dono, ereditato dalle generazioni che ci hanno preceduto, di un luogo di grande bellezza e generosità costruttiva, che ha il solo scopo di evocare compito e destino di una Chiesa che è tutt’uno con Gesù Cristo presente tra noi. La sua perdita o l’offuscamento delle sue ragioni sarebbero per noi tragico evento. Ha affermato, del resto, nel secolo scorso Romano Guardini, evocando il celebre testo di Novalis Cristianità ovvero Europa, del 1799: «Se l’Europa si staccasse totalmente da Cristo – allora, e nella misura in cui questo avvenisse, cesserebbe di essere». Quell’incendio sul tetto della cattedrale per qualche ora ha diffuso il panico per una fine senza rimedio: non stava bruciando una cattedrale innanzi tutto francese, ma una figura di identità europea, un simbolo potente, vivo benché confusamente inscritto nelle coscienze.
Il restauro delle parti danneggiate e dei muri affumicati e l’eventuale concorso per la flèche dovranno tener conto del risveglio di fede che l’incendio ha messo in luce e del compito e destino, europeo, non solo nazionale, delle cattedrali; dovranno – se vorranno essere segno di civiltà – contribuire a far divampare un altro fuoco, quello di una solidarietà che affratella nel tempo e nello spazio.
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