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Nel Belpaese dei tesori Unesco

di ​Maria Antonietta Crippa

Geografi, ecologi, antropologi, urbanisti, paesaggisti, architetti: tutti si occupano oggi del paesaggio variamente aggettivandolo – come naturale, culturale, rurale, urbano, geografico e altro ancora – senza però metterne in primo piano la dimensione estetica, perché preoccupati di coglierne l’interna organizzazione per conservarla o poterla modificare con nuovi progetti. Diventa sempre più evidente, inoltre, che ambiente ed economia, lavoro umano e organizzazione sociale, scorrere del tempo e occupazione di spazi, sono polarità di vita del pianeta tra loro inscindibilmente connesse, in un tutt’uno da affrontare avendo presente la comune origine creaturale di uomini, terra, cosmo intero. Lo afferma profeticamente papa Francesco nei termini di un’urgente ecologia integrale.
Da questi punti di vista la dimensione estetica del paesaggio sembra perdere non solo il primato ma anche l’autonomia di forma d’arte. In particolare, la tradizionale coincidenza di paesaggio con panorama, inteso come tratto di territorio dalla bellezza immediatamente percepibile e abbracciato a partire dal punto di vista in cui si colloca l’osservatore, sembra non reggere più di fronte all’urto delle attuali complessità. La formula contiene però una verità indiscutibile: in un paesaggio, spontaneamente riconosciuto tale, si è colti dallo stupore per qualcosa che ci preesiste con propria oggettività e che porta in sé un’armonia, fragile come tutto ciò che emerge nella storia degli uomini ed è loro affidato, ma anche vigorosa perché viva ed emotivamente coinvolgente. […]