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Le forme della croce

Lo strumento di supplizio su cui morì Gesù sul Golgota, i simboli diffusi in tutte le culture, i segni sotto cui si schierano eserciti e nazioni

​Si è molto discusso se la croce di Gesù fosse fatta a Y, a T e via discorrendo. In realtà, non doveva esser diversa da quella usata per tutti i condannati a morte per mezzo di quel supplizio infamante, che non poteva essere inflitto agli uomini liberi e ai cittadini romani (salvo fossero humiles). La chiamavano arbor infelix.
La crux era, propriamente, l’insieme di due elementi: anzitutto un alto e robusto palo infisso nel terreno (in greco, appunto, stauròs, “palo”). Di solito si trattava di una serie di pali, ai quali i condannati venivano appesi gli uni accanto agli altri quando erano più d’uno. Il condannato giungeva ai suoi piedi portando sulle spalle il secondo elemento dell’ordigno, una trave anch’essa lunga almeno più delle sue braccia allargate: il patibulum, parola derivata dal verbo patere, “aprire”, perché originariamente si trattava della trave incastrata orizzontalmente dietro la porta per assicurarne la chiusura. Al patibulum della porta di casa s’inchiodavano gli schiavi fuggitivi.
Ma il supplizio ordinario consisteva nell’issare il patibulum a una certa altezza del palo, e in questo modo i due legni formavano appunto quella che noi chiamiamo la croce: quindi s’inchiodavano (o si legavano) i polsi del condannato alle estremità del patibulum e i piedi alla crux. Pali verticali e patibula orizzontali formavano così una specie di legato, la posizione rendeva quasi impossibile al condannato respirare, costringendolo – per istinto di conservazione – a prolungare l’agonia cercando di distendersi il più possibile (ciò gli era possibile grazie a un supporto costituito da un legno all’altezza dell’inforcatura delle gambe, una specie di sellino sul quale poteva appoggiarsi). Ma quando si aveva fretta che morisse, lo s’inchiodava: o per dissanguamento o per tetano, la morte giungeva più rapida. In caso il condannato resistesse, gli si spezzavano le gambe: l’effetto combinato dello shock per il dolore, della fuoriuscita di sangue e midollo osseo e del prolasso del corpo non più sostenuto al di sotto delle ginocchia provocava una morte istantanea. Fu probabilmente il caso dei “due ladroni”: i carnefici avevano fretta per il sopraggiungere, col tramonto, dello shabbat, quando non si potevano mantenere cadaveri esposti. Per Gesù non ce ne fu bisogno: era già morto, come sta scritto, affinché si adempiessero le Scritture a proposito delle ossa intatte.
L’immagine tradizionale, tramandata dalla nostra grande pittura medievale e rinascimentale, del Cristo che sale al Calvario con l’intera croce sulle spalle, è contraddetta dall’archeologia: anch’egli fu caricato del solo patibulum.

di Franco Cardini