La rivoluzione umile
Papa Francesco, dal cammino alla tenerezza.
Le prime parole chiave del pontificato
L'abbraccio tra papa Francesco e il pontefice emerito Benedetto, il 23 marzo a Castel Gandolfo
Il nuovo pontefice bacia una bambina in piazza San Pietro il 27 marzo (Alessia Giuliani)
Papa Francesco in piazza San Pietro in occasione dell'udienza generale del 27 marzo (Alessia Giuliani)
Francesco durante le celebrazioni della Passione nella basilica di San Pietro, il 29 marzo
I fedeli in piazza San Pietro assistono con le loro bandiere alla messa di Pasqua, il 31 marzo (Alessia Giuliani)
Fin dal suo primo apparire alla loggia di San Pietro, papa Francesco ha saputo unire gesti e parole a formare un linguaggio universale, comprensibile da tutti e, al contempo, particolarissimo, specchio fedele del suo cuore, della sua visione della Chiesa e del ministero che ha assunto. Anzi, c’è una parola da lui scelta che l’ha preceduto e ha aperto la strada a quelle che si sarebbero succedute in rapida sequenza, una parola pronunciata dal cardinale protodiacono, una parola in latino ma che tutti hanno capito benissimo: «Franciscum». Francesco è il nome con cui Jorge Mario Bergoglio si è aperto una breccia nei cuori di oltre un miliardo di cattolici, di decine di milioni di cristiani di altre confessioni e di un numero imprecisato di uomini e donne di ogni credo e di ogni luogo.
Il nome Francesco, infatti, con il suo immediato rimando al santo di Assisi e con la sua presenza assolutamente inedita nell’elenco dei successori di Pietro, è subito stato colto come sintesi di un programma, come sguardo rivolto ai poveri, come appello alla semplicità e riferimento al Vangelo sine glossa, come attenzione al creato e ricerca della pace e del bene nei rapporti tra le persone e nei conflitti di ogni tipo
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di Enzo Bianchi