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La partita doppia di Raffaello con il Nord

Il giovane Raffaello fa proprie le novità della pittura a olio. Nella maturità diventa il modello per tutta l’arte europea

​Irene Baldriga


La parabola di Raffaello si colloca cronologicamente in una fase feconda per i rapporti di scambio e di rielaborazione linguistica tra Italia e Nord Europa. Vista in questa prospettiva, l’opera del Sanzio si pone come autentico punto di svolta, soprattutto in relazione all’arte nederlandese.
Gli anni della formazione di Raffaello corrispondono al momento di massima fortuna dell’arte fiamminga in Italia: la ritrattistica e il naturalismo consolidatisi in terra di Fiandra vengono a costituire, presso la committenza più aggiornata e sensibile,  una vera e propria “moda”, favoriti dalla versatilità della pittura a olio, una tecnica che consentiva effetti di dettaglio e di luminosità pressoché sconosciuti. Raffaello, sin da giovanissimo, a Urbino, assimila le novità dei fiamminghi, tenute in gran conto dal duca Federico da Montefeltro che aveva accolto il pittore Giusto di Gand, coinvolgendolo nella decorazione del suo famoso studiolo. Lo stesso Giovanni Santi, padre di Raffaello, spende parole di elogio per Rogier van der Weyden e Jan van Eyck «ne la cui arte et alto magistero di colorir, son stati sì excellenti, che han superati molte volte el vero», e rivela nelle sue opere tracce evidenti dell’influenza della grande scuola fiamminga.
Oltre alla circolazione di opere e artisti, cui si deve aggiungere la diffusione di libri miniati, per i quali l’area nordica si attestava tra i centri di più alta produzione in Europa, sono da considerare le presenze di banchieri, mercanti e diplomatici italiani nelle attivissime città nederlandesi, Bruges prima tra tutte. È proprio nelle Fiandre che si consolidano i rapporti tra artisti e committenti, aprendo la strada a un fenomeno di scambio che arriverà soprattutto a Firenze, Venezia e Genova.
Giunto a Firenze nei primi anni del ‘500, il giovane Raffaello trova un ambiente ben consapevole delle novità della pittura nordica: Leonardo e Domenico Ghirlandaio erano stati tra i più attenti interpreti delle ariose aperture paesaggistiche e del gusto per i particolari che caratterizzano opere come il Trittico Portinari di Hugo van der Goes o i ritratti di Hans Memling; ne è testimonianza, per Leonardo, il Ritratto di Ginevra Benci (1478), figura di contatto con quel Bernardo Bembo (padre del più noto Pietro, amico di Raffaello) ambasciatore veneto in Borgogna, a sua volta effigiato dallo stesso Memling in un sublime dipinto oggi ad Anversa; e per Ghirlandaio l’Adorazione dei Pastori (1485) nella cappella Sassetti.
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