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La Cappella Nicolina, la Chiesa secondo il Beato Angelico

La Cappella Niccolina, in Vaticano, è l’apice della pittura del frate domenicano. Negli affreschi si legge l’innovativa coscienza ecclesiale di papa Niccolò V

​Antonio Paolucci
Nel percorso dei Musei Vaticani, non lontano dalle Stanze di Raffaello, c’è un luogo che pochi hanno avuto la fortuna di visitare perché è sempre chiuso. È chiuso perché è molto piccolo. Lungo meno di sette metri, largo un po’ più di quattro, alto quasi nove al culmine della volta, non potrebbe, se aperto, sopportare la pressione delle grandi folle che attraversano ogni anno i musei del papa, e la conservazione delle pitture murali ivi custodite ne uscirebbe seriamente compromessa. Ebbene, questo luogo solo sfiorato dai sei milioni e mezzo di visitatori annuali dei Musei Vaticani era la cappella privata di papa Niccolò V Parentucelli, grande filologo, umanista e amico di umanisti, che regnò sul trono di Pietro dal 1447 al 1455. Al suo interno c’è il ciclo di pitture ad affresco forse più prezioso della Roma quattrocentesca, capolavoro di fra Giovanni da Fiesole, il frate domenicano che tutto il mondo conosce come il Beato Angelico.
Trattandosi della cappella papale dove il pontefice sentiva Messa, da solo o in compagnia dei più intimi fra i suoi cardinali, il sito doveva essere al massimo livello sia dal punto di vista della qualità architettonica (è possibile che il pavimento a marmi intarsiati di “opus sectile”, messo in opera dal fiorentino Varrone di Agnolo Belfredelli, sia stato disegnato da Leon Battista Alberti) sia per la scelta del pittore freschista. E infatti, per i suoi contemporanei come per la critica moderna, dopo Masaccio e prima di Melozzo, l’Angelico si colloca al vertice della storia artistica romana del XV secolo.
Dopo il restauro esemplare condotto una ventina di anni or sono (1995, a opera di Carlo Giantomassi e Donatella Zari) i murali dell’Angelico, qui operoso con il meglio della sua squadra, possono essere apprezzati oggi in tutta la loro luminosa e melodiosa bellezza. Prima di tutto, come è sempre necessario quando si parla di una grande opera d’arte, bisogna capire chi ne è stato il committente. Niccolò V Parentucelli è stato uno dei papi più colti nella storia della Chiesa. Squisito latinista, filologo e bibliofilo, padre fondatore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Niccolò V era amico di Cosimo de’ Medici, “padre della patria” come lo chiamavano gli storici encomiasti, e per lui, insieme all’editore e bibliofilo Vespasiano da Bisticci, allestì nel convento domenicano di San Marco a Firenze una biblioteca trilingue (latina, greca ed ebraica). Una biblioteca che, collocata nel mirabile spazio architettonico concepito da Michelozzo, era aperta a chiunque, chierico o laico, avesse titolo per frequentarla.