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L'immagine e la carne

Nella Bibbia corpo e anima sono un unico impasto. Una unione che germina dal giorno della Creazione

​Gianfranco Ravasi
«La vita umana altro non è che una serie di note a piè di pagina a un immenso misterioso e incompiuto capolavoro». Questa curiosa definizione dello scrittore russo-americano Vladimir Nabokov nel suo romanzo Fuoco pallido (1962), per certi versi, riesce a sintetizzare la visione biblica di una realtà fondamentale com’è la vita. Essa, infatti, non si esaurisce in se stessa e nella storia di ciascuno ma appartiene a un progetto più alto e trascendente, a un «misterioso capolavoro». Per questo non può essere ridotta a un possesso personale simile a una pietra preziosa, ma ha in sé una ramificazione che si manifesta attraverso una rete di relazioni sia verticali col divino, il mistero e persino l’eterno, sia orizzontali col prossimo, con la società, con l’umanità, con la storia, e col mondo che ci circonda.
La complessità e vastità del tema costringe a rinchiuderlo nello spazio ristretto di qualche traiettoria di riflessione, nella consapevolezza dell’impossibilità di una trattazione esaustiva. È suggestivo che il nucleo germinale teologico e storico del cristianesimo, con l’evento dell’Incarnazione, fiorisca proprio dall’ingresso di una vita, con una nascita e con una “carne” che si forma e cresce. Non per nulla lapidario è l’asserto del prologo giovanneo secondo il quale il Verbo divino, eterno e creatore, «carne divenne» (1,14), cioè si è affacciato alla ribalta del mondo attraverso una generazione che comprende una maternità, una data nel tempo, un luogo nello spazio.
Alla sorgente dell’umano destino
Noi partiremo, quindi, nel nostro itinerario molto semplificato proprio dall’elemento radicale della generazione umana. Alla sua sorgente c’è la fecondità della coppia umana che il libro biblico della Sapienza rappresenta mettendo in bocca a Salomone queste parole: «Anch’io sono un uomo mortale come tutti, discendente dal primo essere plasmato dalla creta. Fui formato di carne nel seno della madre, durante dieci mesi (lunari) consolidato nel sangue, frutto del seme di un uomo e del piacere compagno del sonno» (7,1-2). Nell’atto generativo la Scrittura riconosce, però, come avremo occasione di ribadire, non solo un dinamismo biologico ma anche una presenza efficace creativa e quindi un sigillo trascendente, perché esso è collocato all’interno di un disegno esistenziale specifico per ogni persona. Il suo germinare è finalizzato non solo a essere creatura umana chiusa in se stessa, ma anche a essere partecipe attiva di un progetto in relazione con altri.
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