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Il crepuscolo rosa Tiepolo dell'Europa

Milano celebra l’artista veneziano simbolo del ‘700. Nella città lombarda si aprì la strada per l’Europa

​Alessandro Beltrami


“Tutto spirito e fuoco”. Così annotava nel 1732 Vincenzo da Canal pensando agli esordi di Giambattista Tiepolo. Fu una autentica rivelazione quella del pittore destinato a dare forma all’immagine e all’immaginario dell’ultimo secolo non solo della Serenissima ma anche della stessa Europa di antico regime.
Fin dal suo apparire – il debutto con i primi dipinti pubblici è del 1715 – la pittura di Tiepolo era, come scrive Adriano Mauriz, «quintessenza volatile, eterea, associata a un ardore di fiamma forgiatrice». Una fiamma accesasi apparentemente dal nulla. Non dalla famiglia: Giambattista era nato a Venezia nel 1696 nel popolare sestiere di Castello da padre mercante, che muore quando il piccolo ha un anno gettando la famiglia nella povertà. Non dalla bottega del capace ma certamente non estroso Gregorio Lazzarini, dove entra a quattordici anni grazie ai consigli di don Domenico Monello che ne aveva intuito il talento. Ma su altri testi e più antichi studia il giovane Tiepolo: Tintoretto, con il suo furore di voli e vibrazione di forme, e poi la sapienza scenografica e narrativa del Veronese. Rispetto ai contemporanei si allinea subito invece a chi dalla fine del Seicento aveva smosso le smorte acque della pittura lagunare: il neoveronesismo di Sebastiano Ricci e la pittura scura e allucinata di Federico Bencovich, poi mediata dalle tinte più concrete e terragne di Giambattista Piazzetta, di soli quattordici anni più anziano di Tiepolo. Certo, Giambattista provvederà presto a schiarire e accendere la tavolozza ma resterà sempre forte in lui il gusto per un chiaroscuro vivo che restituisce solidità e verità alla figura umana.
Il patriziato veneziano non fatica a intuire le qualità del giovane e lo prende subito sotto la sua protezione. Lui restituirà ben pagato il favore, tanto in numerosi palazzi e numerosissime chiese cittadine quanto nell’entroterra tra ville (Pisani a Stra, Baglioni a Massanzago, Valmarana a Vicenza...) ed edifici come il palazzo vescovile di Udine. Tiepolo immerge le storie, qualsiasi esse siano, in un Cinquecento cavalleresco e sensuale, un Rinascimento già mitizzato. Le architetture sono palladiane, amplificate in senso teatrale, la campagna arcadica. L’incedere dei suoi eroi e la bellezza delle eroine sono intrisi di una poetica radicata nei versi di Ariosto e del Tasso, di cui amplifica la nota sentimentale e malinconica. «Tiepolo è un narratore senza uguali di temi storici, mitologici e biblici, anche in funzione della celebrazione dei committenti» scrivono Fernando Mazzocca e Alessandro Morandotti, i curatori della mostra alle milanesi Gallerie d’Italia, che mentre si scrive attende di tornare visibile. Milano è uno dei centri dell’attività di Tiepolo. La città, ormai austriaca, è la porta per l’Europa. Di qui passano i giovani talenti veneziani come prima vera esperienza “all’estero”.
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