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Dea Madre, così nacque la religione

Diffuse nel Paleolitico e nel Neolitico le statuette di figure femminili con in evidenza gli attributi della maternità marcano la presa di coscienza del sacro

​Fiorenzo Facchini
La Dea Madre: un importante riferimento nella preistoria che attesta un simbolismo legato al ciclo della vita. Il periodo più ricco di documenti sul culto della Dea Madre è il Neolitico e la prima età dei metalli. Esso è preceduto nel Paleolitico superiore (circa 30.000 anni fa) da piccole sculture di donne, note come “Veneri aurignaziane”, nelle quali sono appena abbozzate le estremità e assai sviluppate le parti connesse con la maternità (seni, natiche). In esse Marija Gimbutas riconosceva le prime immagini della Dea Madre, che nel Neolitico si faranno più numerose e varie. Sono segnalati anche in epoca più antica simboli incisi su rocce o pietre interpretati con qualche riferimento al culto della vita. Il simbolismo evocato da queste rappresentazioni si lega diversamente alla società dei cacciatori-raccoglitori del Paleolitico e alla società neolitica, segnata da allevamento e sedentarizzazione. In tali società il ruolo della donna era probabilmente diverso.
Le statuette femminili aurignaziane, in pietra, osso, avorio, sono state segnalate in varie località europee comprese tra l’Atlantico e la Siberia: Savignano sul Panaro, Trasimeno, Chiozza di Scandiano, Balzi Rossi (Italia), Willendorf (Germania), Lespugue, Brassenpouy (Francia), Vestonice (Moravia), Kostienki, Mal’ta (Russia)... In queste statuette sono accentuate, come è stato rilevato, le parti connesse con la maternità, mentre la testa e gli arti sono appena abbozzati. Se è da escludere una rappresentazione della donna dal vero, appare invece fondata l’interpretazione che vede in esse i segni di un culto della fertilità, con un possibile significato magico o religioso connesso con la maternità (Mainage, 1921; Begouen, 1935). Maringer (1960) parla di un culto degli antenati. Non manca chi ha veduto connessioni con ideali erotici (Born, 1984).
Secondo Paolo Graziosi l’esaltazione delle parti connesse con la maternità fa pensare a qualche credenza magico-religiosa, mentre Leroi-Gourhan (1970) si è dimostrato piuttosto scettico su questa interpretazione, propendendo a considerarle espressioni stilizzate della figura femminile. Non è da escludere un’attenzione accentuata alla femminilità in quanto tale, specialmente nella rappresentazione dei tratti sessuali (seni, vulva).