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Credere ai miracoli, fidarsi della scienza

​Gilbert K. Chesterton


Tempo fa è stato sollevato il tema riguardante la posizione della scienza alla luce della storia. Si parla molto di queste cose e la gente si chiede cosa possa essere chiamata scienza e cosa superstizione. Come verranno ricordati alcuni uomini in riferimento a determinati movimenti? Quando un nostro discendente cercherà nell’enciclopedia “Arthur Conan Doyle”, tra le voci troverà “Sherlock Holmes” o “l’emergere dello spiritualismo”? Troverà la leggenda celtica su Conan il profeta, sarà ricordato per le impronte e le tracce lasciate sulla scena del crimine o per i tamburi rituali e i tavoli delle sedute spiritiche? La psicoanalisi e la ricerca psichica figureranno tra le grandi scoperte del nostro tempo? O saranno dimenticate? […] Che ne sarà delle presunte guarigioni di cui si vanta il cristianesimo scientista?1 Coloro che si sono immersi nella lettura di quel libretto intitolato “Scienza e Salute” non credono certo che la sua autrice sia un’autorità nel campo della scienza, ma sembra avere le idee chiare in merito alla salute. Come si comporteranno gli storici di fronte a tutte le controversie riguardanti fatti soprannaturali? Una cosa è certa: in futuro non potranno sottovalutarli, al contrario di ciò che accadde in passato. Sarà impossibile applicare ai miracoli i rigidi schemi materialisti, tipici degli scettici del Settecento. Uno storico imparziale tra cent’anni dovrà per forza sostenere che le guarigioni miracolose possono essere avvenute e sarà difficile dimostrare che non si siano mai verificate.
È un punto che mi interessa in modo particolare perché sto scrivendo un breve trattato di storia medievale2 e devo capire come pormi di fronte ai tanti miracoli registrati negli antichi annali di cronache. Confesso di non comprendere perché queste cronache vengano considerate veritiere su certi aspetti e siano invece scartate su altri. Su Giovanna d’Arco uno storico moderno scriverebbe che «nella sua età di creduloni si pensava che lei potesse parlare a distanza col Delfino». Perché non potrebbe scrivere che «nella sua età di creduloni era accettato che una povera ragazza di campagna potesse ottenere udienza dal Delfino»? Scriverebbe: «Il fanatismo dei monaci portava a credere alle guarigioni miracolose sulla tomba di Becket». Perché non scrivere che «il fanatismo dei monaci inventò la calunnia che quattro cavalieri di Enrico uccisero Becket»? Tutti questi fatti appaiono in documenti dell’epoca. Forse per qualcuno erano solo leggende di monaci e Giovanna d’Arco e Becket sono personaggi di fantasia. Ma è pur vero che quei miracoli sarebbero accettati anche ai giorni nostri, ma verrebbero chiamati guarigioni operate grazie alla fede.
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