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Artico

Munier, fotografo francese, da anni frequenta in solitudine queste terre di ghiaccio e di neve “per provare il sentimento profondo di una libertà e bellezza infinite”

​«Io non vengo da arrogante, con la smania di aggiungere una performance estrema a un primato qualunque», scrive Vincent Munier nel testo che accompagna le immagini raccolte nel suo Artico. «Nè vengo da suicida e tantomeno per dare lezioni. Vengo da ammiratore, in contemplazione. Per provare il sentimento profondo, sereno, di una libertà infinita». Lo slancio centrifugo lo porta a viaggiare in lungo e largo – in largo e largo, piuttosto – mentre quello centripeto ne condensa l’interiorizzazione e così «l’estetica ha preso volontariamente il sopravvento», confida, dicendosi convinto del «potere del bello per sensibilizzare le persone a proteggerlo».  Federico Geremi  Non ci sono umani negli scatti di Munier ma contesti troppo vasti per decidere se (e come) definirli – macroregioni, miniecosistemi isolati eppure connessi, cos’altro? –, e animali. «Il mio scopo era di fotografarli in queste condizioni per mostrare la loro incredibile forza», precisa. «Si prova ancora più rispetto davanti a questi attori della natura». È proprio il rapporto con le “bestie” che ha scandito la nostra presenza lassù: i cani a trainare le slitte, le balene da arpionare e le foche per rimediare molto di quel poco che serviva per sopravvivere. Tutti mammiferi, come noi.  Integriamo il cotè esclusivo – letteralmente (absit iniuria) – di quest’impresa solitaria, popolandone i contesti. Procediamo allora a una recensione-dialogo in controcanto, compendio e viatico per quei territori (e altri), tenendoci intorno alle latitudini di Munier. E allineiamo i meridiani a quelli d’Europa, scegliendo due porzioni di ultra-Scandinavia distanti dalle rispettive corone di riferimento: Groenlandia (Danimarca) e Svalbard (Norvegia).  Lontana dalla Sirenetta e dai copricapi in pelle d’orso (bruno, però) delle Guardie Reali, la Groenlandia supera di parecchio i due milioni di chilometri quadrati: sono sufficienti a farci stare lo stivale tricolore sette volte. L’anagrafe registra più o meno cinquantaseimila abitanti, quasi tutti nella capitale Nuuk e sulla costa occidentale. Munier ne ha esplorato diverse aree remote. Una su tutte, la King Christian IX Land. Si trova sulla costa opposta – un intreccio di fiordi e insediamenti sparuti, geometria frattale e profilo ridisegnato dagli iceberg in movimento – e presenta l’entroterra più sorprendente e vario di buona parte della Groenlandia. È quello dei rilievi più alti, sfondo e destinazione di esplorazioni scientifiche o incursioni di viaggiatori raminghi. Raccoglie una frazione minima del turismo che sta scoprendo queste lande, potendosi considerare un possibile modello di sviluppo.