Tommaso architetto e indagatore
Maria Gloria Riva
Tommaso detto Didimo (il Gemello), Tommaso l’incredulo: l’iconografia classica lo vuole con il dito puntato intento a frugare nelle piaghe del Salvatore. Altrove l’apostolo è ritratto con una lancia, strumento del suo martirio. Tra gli apostoli è il più simpatico, quello come noi, sempre in ritardo: nel cenacolo non c’è, mentre il Risorto entra a porte chiuse. Stenta a credere alla Risurrezione, ma il Signore gli permette di toccare con mano le sue piaghe da Crocefisso. Non c’è nemmeno quando la Vergine Maria è assunta in Cielo. Arriva, sconsolato, all’ultimo minuto, così la Madonna, per compassione, gli lascia cadere tra le mani la sua cintura, oggi tradizionalmente custodita a Prato. Tra le mille immagini di san Tommaso una è la più originale e forse, anche la più riassuntiva del percorso plurisecolare fatto dall’apostolo nella fede dei credenti e nell’arte cristiana: si tratta di una tela appartenente a una singolare Via Crucis realizzata da Jerzy Duda-Gracz per il Santuario di Częstochowa.
L’artista, convertitosi in occasione della prima visita di Giovanni Paolo II in Polonia, regala a Jasna Góra una stupenda Via Crucis in cui la XVI stazione ritrae proprio san Tommaso. Duda-Gracz associa l’incredulità dell’apostolo alla scienza e veste Tommaso da medico chirurgo. Lo dipinge come l’uomo postmoderno che inforca gli occhiali del sospetto e della sapienza umana e tenta di possedere l’inafferrabile. Come si può credere a un Crocefisso che cammina, a un redivivo che parla di un regno dei cieli, in netta contrapposizione alle nostre ziqqurat, alle torri della nostra superbia che pretendono di toccare il cielo? Sono le domande dell’antico apostolo trasferite nei tanti “Tommaso” di oggi.
Una ziqqurat, ovvero la torre di Babele (citazione di Bruegel), si staglia sullo sfondo a ricordarci che Tommaso fu, per la tradizione, abile architetto; a causa di questa sua qualifica da Cesarea si trasferì in India e iniziò a evangelizzare quella terra. Lo racconta la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine che, della predicazione dell’apostolo, registra i dodici gradini per giungere alla santità, ripresi poi dall’esperienza benedettina. Anche la torre di Bruegel ha dodici gradini, ma sono quelli dell’alterigia umana, gli stessi percorsi dal discepolo incredulo e dubbioso. Ed è qui la sorprendente metafora di Duda-Gracz: non l’incredulità scontata degli atei, ma il dubbio del credente. Il dubbio dell’uomo che, come Tommaso, preferisce constatare la verità prima di credere acriticamente. Già durante l’Ultima Cena, proprio dopo l’annuncio di Gesù della vita eterna e del Regno del Padre suo, Tommaso si espresse così: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?» (Gv 14,5). La domanda gli meritò una risposta cara alla Chiesa di tutti i tempi. Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). Tommaso imparò questa via, questa vita e questa verità dalle sofferenze che patì, così come noi dovremmo imparare a toccare quotidianamente il Mistero dalle piaghe umane che additano Altro e che “in-segnano” il Mistero. Non a caso l’artista polacco incornicia l’incontro tra il Risorto e l’apostolo entro una corsia d’ospedale ove sono idealmente radunate tutte le sofferenze umane: cecità, malattia, infermità, sofferenze morali e psichiche. Qui è la via, qui possiamo vedere e toccare quelle piaghe che per primo scrutò l’apostolo, imparando dalla croce la Risurrezione.
Sempre secondo la Legenda Aurea, Tommaso si spinse fino alle terre dei Magi avendo in sorte la grazia di battezzarli. Se questi re riconobbero Dio in un bambino, il “Tommaso” contemporaneo, preso dalla sua scrupolosa indagine, non s’avvede che un bambino s’insinua fra lui e l’Uomo piagato. Questo ragazzetto non s’attarda sulle piaghe, ma nell’impeto della sua innocenza abbraccia teneramente il Salvatore, lo vede e incontra. A te, caro Tommaso, il compito di restituirci la Verità e la Vita che tu hai incontrato: il Cielo non si tocca, ma si vive; quaggiù nel non ancora dei dubbiosi, lassù nel già della visione vera.