Semplicità lo spazio dello spirito
Mario Botta
Muralto è un comune svizzero situato nelle Prealpi del Canton Ticino, cresciuto negli ultimi decenni in contiguità con l’agglomerato urbano di Locarno, la città adagiata sulla sponda settentrionale del Lago Maggiore. Ai bordi dello specchio d’acqua il paesaggio è connotato da montagne ripide terrazzate con vigneti, e da un’edilizia sparsa cresciuta con le strade che si inerpicano sui monti per poi offrire sorprendenti prospettive verso la luce della Pianura Padana.
Recentemente l’architetto Cristiana Guerra ha costruito nei dintorni di una storica clinica (quella di Sant’Agnese, conosciuta per aver ospitato nei suoi ultimi giorni di vita nel 1940 il pittore Paul Klee) una “casa delle suore” che nell’interpretazione progettuale si configura come un vero e proprio monastero. Qui, nei pressi dell’ingresso un volume in calcestruzzo viene adibito a cappella. La misura di questo intervento e la semplicità adottata nel linguaggio compositivo risolvono bene una situazione orografica oggettivamente molto difficile.
In questi ultimi anni, ho osservato come sempre più spesso nella progettazione delle costruzioni ecclesiali venga adottata una scrittura “sopra le righe”, talvolta anche con intenti legittimi, per distinguere gli spazi del sacro come “altro” rispetto a quelli domestici e feriali. Ma la ricerca di una forma espressiva al di fuori del linguaggio comune e delle regole basilari del mestiere non è di per sé migliore, o più bella o più sincera, ma, al contrario, il più delle volte sfocia in soluzioni bizzarre, imbarazzanti, lontane da un’etica del costruire.
La qualità dello spazio non è raggiunta con formule prestabilite o con possibili equazioni matematiche, ma attraverso un lavoro di approssimazione continua, sconosciuta allo stesso autore dove interagiscono la luce del contesto, i materiali e la tecnica costruttiva, il tutto immerso nell’impegno compositivo e nella sensibilità propria dell’architetto. Le Corbusier, nelle sue riflessioni a proposito dello spazio “indicibile” osserva come l’intensità dello spazio sia una realtà emozionale che appartiene allo spirito del fruitore e non un qualcosa che esiste in una realtà esterna.
Nel caso di questa cappella riconosco un impegno esemplare, l’uso di un linguaggio rispettoso delle regole dell’arte, bello e semplice, ottenuto valorizzando la parete di fondo, quella che possiamo indicare come parete absidale, dove converge il parallelepipedo virtuale dello spazio interno. Una parete tutta in legno che presenta solo tre aperture, due fenditure verticali laterali e una zenitale al centro, che trasformano il fondale in una scenografia capace di far vibrare luci e ombre in funzione dello scorrere del ciclo solare; un fondale che richiama le semplicità geometriche delle nuove composizioni plastiche ora chiamate a sintetizzare le molteplici configurazioni di una storia secolare delle tipologie absidali; una riduzione bidimensionale che interpreta bene la sensibilità del nostro tempo. Grazie quindi alle suore che hanno saputo dare fiducia alla cultura contemporanea e grazie all’architetto che con risorse limitate ha creato uno spazio raffinato di silenzio e meditazione.