Roberto Abbado e il Paradiso pastorale
Pierachille Dolfini
C’è un’eco della natura nel suono del sacro che ha in mente Roberto Abbado. Un suono che ha sentito risuonare a undici anni, quando ha ascoltato per la prima volta la Sesta sinfonia di Ludwig van Beethoven. Un suono che ha ritrovato (ha ricreato) sul podio, lui che è direttore d’orchestra, arrivando, però, alla Pastorale «solo alla fine del mio percorso attraverso le nove sinfonie del compositore di Bonn». Perché, spiega il musicista milanese (e il suo cognome dice la sua provenienza, dalla famiglia che tanti musicisti ha consegnato alla storia del Novecento), «la Sinfonia n.6 in fa maggiore è la più difficile delle partiture sinfoniche beethoveniane per un direttore d’orchestra. L’ho affrontata solo dopo aver diretto le altre otto – la Nona la più imponente e l’Ottava la più difficile per i musicisti – perché ho sempre temuto di trasformare in un pantano quel ruscello che il compositore evoca nella sua partitura».
Roberto Abbado l’ha ascoltato scorrere (in musica) quel ruscello quando era bambino, in sala da concerto. «Ma anche a scuola, alle medie, quando l’insegnante di musica ci raccontava la pagina beethoveniana mettendo l’accento sul suo aspetto descrittivo». Come suggeriscono (suggerirebbero) i titoli scelti da Beethoven per ogni movimento: “Risveglio dei sentimenti all’arrivo in campagna”, “Scena al ruscello”, “Lieta brigata dei campagnoli”, “Il temporale” e “Canto pastorale”. «Ma di descrittivo, in realtà, c’è poco. Perché nonostante i titoli che parlano di immagini concrete, il sottotitolo della sinfonia, Pastorale, ci spiazza dato che l’autore specifica che quella che si sta per ascoltare è più espressione del sentimento che pittura dei suoni». Conta il sentimento, l’eco che la natura – e naturalmente la musica – fa vibrare nell’anima dell’uomo, spiega Abbado che legge la «Pastorale come un viaggio che ci viene raccontato da qualcuno, che potrebbe essere lo stesso Beethoven, ma che resta anonimo. Un viaggio intriso di panteismo, dove due movimenti sono dedicati all’uomo, due alla natura e l’ultimo alla divinità».
C’è un uomo in campagna, c’è un ruscello che si ingrossa, si avverte il canto degli uccelli. «Nel terzo movimento arrivano i campagnoli. Gente semplice che mi ricorda quella ritratta dal Grechetto nella sua Adorazione dei pastori. Un quadro dove c’è la presenza della musica perché uno dei pastori suona il fagotto». Gente semplice, squarci di paesaggi naturali come in molte opere del pittore barocco genovese. «Festeggiano i pastori del Grechetto. Festeggiano i campagnoli della Pastorale, ma la loro allegria viene turbata dal temporale che Beethoven descrive usando l’orchestra per evocare lo scatenarsi degli elementi. Eppure anche qui c’è più lo stato d’animo dell’uomo di fronte agli elementi che si scatenano che non la descrizione della tempesta in sé» riflette Abbado, ricordando che a partire dal terzo «i movimenti si susseguono senza interruzione tra l’uno e l’altro, sfumano come in dissolvenza. La natura evocata nei primi due movimenti lascia spazio all’uomo, un passaggio che è fondamentale per arrivare al canto pastorale finale. Dove si innalza un ringraziamento alla divinità: è un bagno di luce, un’onda di luce bianca che inonda tutto». E poi i due accordi secchi, a sancire la fine del viaggio.
Un affascinante viaggio nel sacro della natura e dell’uomo.
«La Pastorale non è uno Stabat Mater, non è una messa, non ha le parole della liturgia, ma è una pagina intrisa di sacro» riflette Abbado, che nell’ultimo movimento intravede «il Paradiso. Lo stesso che “sentiamo” nella Quarta sinfonia di Gustav Mahler, quella dove i sonagli contrappuntano tutta la pagina e annunciano, prima di ogni strofa cantata dal solista, l’arrivo in scena di un santo: Pietro, Luca, Marta, Orsola. Ma il sapore è diverso perché Mahler dice e non dice e solo alla fine svela, attraverso i rintocchi funebri dell’arpa, che la voce narrante è quella di un bimbo morto». Un dolore, un senso di malinconia. Che nella Pastorale Beethoven stempera, raccontando, in musica, il sacro della natura.