Quella solitudine colmata dall’amore a Cristo
Il Notiziario dell’Istituto Paolo VI di Brescia ha pubblicato nel giugno del 2013 un appunto manoscritto non datato di Paolo VI sulla figura di Pietro. Il testo ci presenta anzitutto una ben precisa sequenza di parole che identificano l’origine, il contenuto e la modalità di esercizio del ministero di Pietro: «discepolo, maestro, apostolo, pastore e pescatore d’uomini, martire». Pietro è, prima di tutto, un discepolo: egli è stato chiamato – come ha insegnato il decreto conciliare Presbyterorum ordinis parlando di tutti i ministri ordinati – «in mezzo a tutti coloro che sono stati rigenerati con le acque del battesimo». Non si può in nessun modo superare questa dimensione “discepolare”, “cristiana” di Pietro: essa è alla radice del suo ministero. Ma Pietro è chiamato a un compito preciso: quello di maestro, di apostolo, di pastore e pescatore d’uomini. Gli appunti proseguono con la descrizione dello speciale amore di Gesù per Pietro «con una predilezione in ordine alla Chiesa per il compimento d’una missione». È significativo che questo rapporto venga descritto in termini di amore e di perdono: l’amore di Cristo per Pietro in ordine alla missione è tutto misericordia. Il terzo passaggio riguarda il tema “Pietro, ovvero sia dell’umiltà” e parte dal riferimento a un testo dell’Aquinate preso dalla Somma Teologica sulla correzione fraterna: «“Resistere in faccia davanti a tutti” passa la misura della correzione fraterna: perciò S. Paolo non avrebbe così ripreso S. Pietro, se in qualche modo non fosse stato suo pari rispetto alla difesa della fede. Ma ammonire in segreto e con rispetto può farlo anche chi non è pari. Perciò l’Apostolo scriveva ai Colossesi di ammonire il loro prelato, dicendo: “Dite ad Archippo: Adempi il tuo ministero”. Si noti però che quando ci fosse un pericolo per la fede, i sudditi sarebbero tenuti a rimproverare i loro prelati anche pubblicamente. Perciò S. Paolo, che pure era suddito di S. Pietro, per il pericolo di scandalo nella fede, lo rimproverò pubblicamente. E S. Agostino commenta: “Pietro stesso diede l’esempio ai superiori, di non sdegnare di essere corretti dai sudditi, quando capita di allontanarsi dalla giusta via”».
Non ci è dato di sapere se dietro queste riflessioni ci fossero situazioni precise di particolare difficoltà o critica nei confronti dell’esercizio del ministero petrino da parte di Paolo VI. Può darsi. Comunque, anche se così fosse, la scelta personale di papa Montini è decisa e ben espressa dalla citazione dalla Prima lettera di Pietro, la quale per giunta è descritta come inerente alla «spiritualità del pastore»: «Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché vi esalti al tempo opportuno». Il Santo Padre conclude l’appunto con alcune righe dedicate all’unicità di Pietro, quella che potremmo chiamare la “singolarità” del suo ministero, che tuttavia non lo separa né dagli altri apostoli né dalla Chiesa. Una singolarità che dice il suo personale rapporto con il Signore caratterizzato da certa qual “solitudine”. Una responsabilità personale che, come scrive in conclusione, è resa possibile e viene effettivamente assunta (Paolo VI parla di «solitudine colmata») solo «da un maggiore amore a Cristo e da una tacita e totale dedizione alla Chiesa».
di Angelo Scola
*cardinale, arcivescovo di Milano