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Nella gloria di Gaudí tutto è architettura

​Mario Botta

La Sagrada Familia di Barcellona, il più monumentale fra i gesti architettonici di Antoni Gaudí (1852-1926), rappresenta un unicum sull’intera crosta terrestre, un edificio che sconcerta e rompe il corso della storia. La sua “infinita” edificazione simboleggia il tema vertiginoso dell’incompiuto, che in rapporto al sacro ci rimette, come umani, al giusto posto.
L’opera di Gaudí rappresenta per l’architettura “del sacro” quello che Le Corbusier ha rappresentato per l’architettura tout court o, per fare altri esempi, quello che Albert Einstein ha rappresentato per la fisica. È impossibile non rintracciare nel lavoro dell’architetto spagnolo la capacità di interpretare al meglio i problemi dello spazio ecclesiale dentro la cultura del proprio tempo. All’interno del linguaggio eclettico di inizio secolo, in un momento in cui i valori preposti allo spirito sembravano perdere di attualità, Gaudí affronta in maniera sorprendente una storia millenaria in chiave contemporanea.
Sorprendente è anche il confronto tra la città e la basilica, il rapporto tra sacro e profano: un fiore che emerge come forma di pietra e porta nella città europea il territorio della memoria.
Come scrive  Maria Antonietta Crippa: «Nel cantiere della Sagrada Familia Gaudí decide, in modo del tutto originale dal punto di vista costruttivo, non solo di innalzare in verticale singole parti dell’edificio, ma anche di partire dall’edificazione di uno dei portali del transetto, quello in cui colloca il ciclo scultoreo detto della Natività. L’annuncio della nascita del Salvatore, il mistero gioioso dell’Incarnazione doveva essere il primo messaggio lanciato ai catalani dalla cattedrale in via di costruzione. Alla morte dell’architetto gran parte dell’intera facciata era completata, mancavano un tratto di una torre e alcune sculture che Gaudí aveva ideato. Il centro di tutto il racconto, in orizzontale e in verticale, è la nascita di Gesù presentata in un rilievo a tutto tondo in cui le teste del bue e dell’asino evocano la stalla mentre il canestro che lo accoglie richiama un’antica cesta, un tempo il primo letto dei neonati in Catalogna. L’insieme, opera dello scultore Jaume Busquets, viene inserito il 19 marzo 1958, per la ricorrenza della festa di San Giuseppe».
L’audacia di Gaudí risiede nell’esasperazione delle forze statiche nell’insieme della costruzione e, soprattutto, negli infiniti dettagli: apparentemente si osservano delle mura con interno e esterno, ma ognuna di esse lavora anche a gravità, trasmette i carichi al suolo. Al cospetto di quest’opera si è chiamati a riconoscere il posto di ogni pietra perché ognuna di esse non ha solo una valenza strutturale, ma rinvia a un racconto, a un’immagine, che narra della costruzione stessa.
La complessità labirintica di questa “fabbrica” raggiunge virtuosismi gotici, soprattutto nella sua ricerca di un rapporto con il cielo, nella ricerca di uno spazio libero dove le singole parti assumono forma compiuta. Negli sviluppi più recenti dell’opera, ciò risulta evidente là dove la costruzione avviene con la componente della ceramica; i pennacchi, gli elementi che sulla sommità completano l’edificio, assumono una parte in cui la geometria dei dettagli diventa essa stessa immagine.
L’architetto catalano non dimentica neppure un altro tema centrale: la luce. Essa rappresenta la materia prima dell’architettura. Di per sé astratta, eterea, impalpabile, immateriale, la luce necessita della materia per esprimersi e divenire concreta. In tal modo è da sempre la vera generatrice dello spazio. La complessità dell’impianto planimetrico della basilica favorisce un’indagine in tempi diversi, seguendo il ritmo solare della luce. La luce infatti parla diversamente nell’arco della giornata.
La forza di Gaudí risiede nel non arrestarsi di fronte alla complessità. Quando arriva al pennacchio, invece di finire, comincia con nuove geometrie. Ininterrottamente. L’insieme non è dato dall’immagine finale, ma dalla somma delle parti, da un’addizione continua; ogni singolo elemento - rosoni, balaustre, guglie, colonne - risponde a una strategia compositiva aperta, non conclusa.