L’altissimo pulpito di Andrea
Maria Gloria Riva
Gli ortodossi lo chiamano Procletos, “primo chiamato”, origine di quei dodici che, con la loro testimonianza, cambieranno il mondo. È Andrea, fratello maggiore di Pietro, discepolo del Battista, che incontra Cristo sulle rive del Giordano nell’ora decima più famosa della storia. Lo fotografa così Giotto nella Cappella degli Scrovegni, insieme con Giovanni, il discepolo amato. Andrea ha già l’aureola, mentre Giovanni no. Lo ritroviamo negli stessi affreschi a tavola con Cristo a Cana. Andrea però, è solitamente rappresentato con la croce, strumento del martirio subìto. Una croce latina, per alcuni; per altri invece, seguendo un’antica tradizione, è decussata, o “greca”. Una croce a X, che tutti conoscono ormai come “croce di sant’Andrea”, tanto famosa da entrare a pieno titolo in molte bandiere, principalmente quella della Scozia che lo riconosce come patrono.
Sant’Andrea, dopo la passione, morte e risurrezione di Gesù, secondo Eusebio di Cesarea raggiunse la Scizia, regione tra il Danubio e il Don. Qui, a Ion Corvin (Constanța), abitò in una caverna nota ancora oggi come Grotta di sant’Andrea. Da qui l’apostolo evangelizzò tutta la regione che è l’attuale Romania. Passò poi nel Ponto e nella Cappadocia, nella Galazia e nella Bitinia, e infine fu eletto vescovo di Patrasso, dove subì il martirio nel 64, il 30 novembre, giorno in cui la Chiesa lo ricorda.
Un libro apocrifo, datato attorno al 150, dal titolo Atti di Andrea, narra che, avendo affascinato al Vangelo e a vivere in continenza Maximilia, moglie del governatore romano Aegates, fu imprigionato e condannato alla crocifissione. Sarà dall’alto di quella croce che predicherà per tre giorni di seguito il Vangelo della Salvezza. Così illustrano la vicenda i fratelli Limbourg in quello straordinario scrigno di arte e preghiera che è il Libro d’Ore del duca di Berry. Nel foglio 201, in basso a sinistra, l’arresto dell’apostolo ricalca totalmente le orme di Gesù condotto da Pilato. Davanti al governatore romano, viene torturato e bastonato. Le braccia conserte di Aegates e dei dignitari di corte esprimono l’assoluta empietà dei carnefici, mentre gli stipiti della finestra a forma di croce si stagliano contro un cielo terso. Nella scena più grande ecco il consumarsi del sacrificio: Andrea sale sul pulpito più eloquente della storia mentre tutto il popolo sta in ascolto. Egli, che rimarrà vivo tre giorni, al vedere la croce esclama: «O buona Croce che hai tratto la tua gloria dalle membra del Signore, Croce lungamente bramata, ardentemente amata, cercata senza posa e finalmente preparata ai miei ardenti desideri, toglimi di mezzo agli uomini e restituiscimi al mio Signore affinché per te mi riceva Colui che per te mi ha riscattato». Assiste all’evento il governatore a cavallo, il cui volto è sorprendentemente mutato. Si narra negli Atti che, dilaniato dal rimorso per aver ucciso un santo, morirà suicida.
Una sorta di drappo processionale divide in due parti la miniatura: in esso si leggono le parole dell’ufficio del santo, tratte dal salmo 138. Le prime riprendono il versetto 17 della Vulgata: «Quanto mi appaiono onorati i tuoi amici. Il loro principato è grandemente rafforzato!» (Nella versione attuale leggiamo: «Quanto profondi per me i tuoi pensieri, quanto grande il loro numero, o Dio»). Le seconde recitano il primo versetto del salmo: «Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo».
Le leggende attorno a sant’Andrea si moltiplicarono anche grazie alle sue reliquie che, da Costantinopoli, fecero il giro dell’Europa seminando miracoli in molte città. La più curiosa vuole che le ragazze in cerca di marito, mettendo mezza mela sotto il cuscino e pregando sant’Andrea, meritino di avere dallo stesso apostolo, in sogno, una rivelazione sull’identità dello sposo tanto atteso.