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Luca Salsi Amo l’ulivo di Verdi e van Gogh

​Pierachille Dolfini

Duro, durissimo, il suono del sacro che Luca Salsi avverte in tutta la sua potenza dirompente nel finale del primo atto del Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi. «Fratricidi!» grida il doge di Genova di fronte ai fratelli che si fanno la guerra, cittadini liguri che combattono per affermare un potere, uno stesso popolo lacerato, «Plebe, patrizi, popolo dalla feroce storia, erede sol dell’odio dei Spinola, dei Doria» come dice il libretto di Francesco Maria Piave e Arrigo Boito. «Fratricidi» canta il baritono di San Secondo Parmense, località nel cuore delle terre verdiane, quando in palcoscenico veste i panni di Boccanegra - il debutto a Salisburgo, presto lo canterà anche al Teatro alla Scala. Boccanegra che accusa i suoi concittadini: «Voi nei fraterni lari vi lacerate il cor». Duro, durissimo nella sua invettiva Simone.
«Ma poi il genio di Giuseppe Verdi chiede all’interprete di cantare in piano: “Piango su voi, sul placido raggio del vostro clivo, là dove invan germoglia il ramo dell’ulivo”». Piange Simone «perché vede che l’ulivo, l’albero che da sempre è simbolo della pace, non porta frutto. Germoglia, ma resta lì, senza che nessuno lo colga. Ed ecco un altro grido che, però, Verdi scrive in pianissimo, segnando in partitura l’indicazione ppp: “E vo’ gridando pace e vo’ gridando amor”. In pianissimo, perché parole solenni e gravi come queste non possono essere urlate. Parole che spesso restano inascoltate, soffocate dalla violenza che ancora oggi, come ai tempi del doge di Genova, vede fratelli farsi la guerra» riflette Salsi, baritono verdiano che scava a fondo nella musica. «Sono sempre attento e rispettoso delle indicazioni che Verdi mette nella partitura e dunque eseguo il pianissimo su questa frase per poi sfogare il canto in acuto e tornare su un pianissimo nella ripetizione delle parole “E vo gridando amor”» racconta il baritono che nella figura di Boccanegra, che grida pace senza che nessuno lo ascolti, vede in controluce la figura di Cristo. «Che ha portato la pace nascendo a Betlemme. Che ha sempre chiesto pace, inascoltato. Come fa continuamente papa Francesco, ma anche le parole del Pontefice sembrano restare lettera morta di fronte ai conflitti che insanguinano il nostro mondo».
L’ulivo. Una pianta che «ogni volta che contemplo, nel giardino di casa ma anche in ogni paesaggio in cui mi capita di trovarla, mi trasmette una sensazione di calma e benessere. Una sensazione di pace. Che ritrovo nei colori e nelle forme sinuose che Vincent van Gogh ha scelto dipingendo i suoi ulivi. Colori caldi che sono quelli della mia terra. Forme in qualche modo rassicuranti che ci fanno guardare al futuro con speranza» spiega Salsi. Che ogni volta che canta quella scena del Simon Boccanegra si sente avvolto dal suono del sacro. «Dico spesso che il teatro è una cosa, l’arte è un conto, ma la vita è altro. Non vanno confuse. Certo, l’arte deve farci riflettere sulla vita attraverso i suoi capolavori universali. Ma dobbiamo evitare di identificarle completamente perché poi accade come nei primi mesi del conflitto tra Mosca e Kiev che artisti russi vengano messi al bando solo per essere russi. Ma così ci perdiamo una bellezza che la loro arte ci potrebbe trasmettere».
Quella bellezza che in Verdi e nel suo Boccanegra diventa sacra «perché ci invita alla pace, all’amore. A costruire una società dove non ci siano più lotte tra fratelli» riflette il baritono. Tornando ancora una volta alla lezione verdiana e alla necessità di rispettarla. «Non sono contro la tradizione che ha messo acuti dove Verdi non li aveva scritti, perché se ci sono belle note fuori ordinanza mi esalto anch’io. Ma c’è anche un discorso di fedeltà musicale: mi piace trasmettere emozioni senza cambiare nulla di quello che è scritto perché in Verdi c’è già tutto. Fedeltà musicale e libertà nell’interpretazione perché oggi una bella voce non basta più, occorre portare in scena una verità che viene dalla vita. Tanto che i personaggi che ho interpretato hanno lasciato una traccia nella mia personalità». Come il Boccanegra con il suo grido di pace.