Il fascino della dama
C’è una donna che ha affascinato l’Italia una quindicina di anni fa, quando visitò con immenso successo di pubblico e di critica, prima la Pinacoteca di Brera a Milano, poi Palazzo Pitti a Firenze. È la signora di Cracovia (si trova al Castello di Wawel) meglio nota come La dama con l’ermellino, capolavoro di Leonardo da Vinci, databile all’anno 1490.
In cosa consiste il fascino di questo dipinto? Potrei rispondere, in sintesi, che esso è il primo ritratto “moderno” di una donna. Guardiamolo con calma, con attenzione, e capiremo tutto. Il quadro raffigura una donna molto giovane, molto bella, di alto rango come dimostrano i vestiti, l’acconciatura, i gioielli. Essa non guarda verso lo spettatore, non è “in posa” secondo la convenzione dei ritratti dell’epoca, non le interessa esibire né la sua bellezza né il suo livello sociale. Guarda ma non parla.
È possibile che la presenza o le parole di qualcuno l’abbiano improvvisamente distratta e al tempo stesso interessata. La donna si volge verso la sua sinistra perché è da quella parte che probabilmente sta entrando il suo innamorato. C’è qualcosa di appassionato e di inquieto nello scarto subitaneo di questa ragazza che “rompe” la posa con tenera veemenza.
Fra le braccia stringe un ermellino, un animale che per il candore della sua pelliccia era considerato simbolo di castità, anche se tale virtù femminile non è (lo vedremo) del tutto conveniente alla persona qui raffigurata.
L’ermellino è una piccola fiera, viva, vibrante e crudele. Bisogna guardare da vicino la bestiola che la donna accarezza, lo splendore elettrico della pelliccia, la grazia feroce del musino triangolare, per capire la grandezza di Leonardo quando studia e rappresenta la natura.
La vivacità psicologica, gli inquieti sensi di colei che è ritratta, la crudeltà e l’eleganza dell’ermellino. Ecco in sintesi la dama di Cracovia che proprio per questo è una donna moderna, sintesi di spontaneità e di grazia, di intelligenza e di intuito.
La dama con l’ermellino è Cecilia Gallerani, giovane donna della Milano “bene” di allora, che fu l’amante del duca Ludovico Sforza detto il Moro, al quale diede un figlio. I documenti ci dicono che frequentava la corte e che fu in intimità col duca per alcuni anni, almeno fino al febbraio del 1492, quando Beatrice d’Este moglie legittima di Ludovico Sforza fece una pubblica scenata a Cecilia perché indossava un vestito uguale al suo. Evidentemente il duca (con la goffaggine che spesso distingue gli uomini in queste situazioni) aveva regalato lo stesso abito alla moglie e all’amica.
Cecilia Gallerani (sagace e intuitiva come la bestiola che Leonardo le ha messo fra le braccia) capì che per lei non era più aria.
Sei mesi dopo sposava il conte Lodovico Bergamini. Visse poi a lungo una esistenza di luci e di ombre ma tutto sommato serena, allevando i figli avuti dal marito, curando la proprietà di famiglia, dilettandosi di poesia e di letteratura. Insomma quella di Cecilia è la biografia di una donna moderna che ha saputo giocare la sua vita in giusto equilibrio fra passione e saggezza, fra amore e buon senso.
Leonardo da Vinci l’ha ritratta quando non aveva neanche venti anni ed era innamorata del suo duca che però sapeva di non poter sposare. Si limita ad accarezzarlo. Infatti la bestiola che porta in grembo è Ludovico Sforza stesso il quale, nel 1488, era stato insignito dal re di Napoli dell’ordine cavalleresco dell’ermellino.
di Antonio Paolucci