Il clan Durrell e il mito del Mediterraneo
Strana famiglia, quella dei Durrell. Genialoidi e dissipati, genuinamente popolari ma anche raffinati e snob, ingenuamente arroganti e inglesi fino al midollo, hanno indirizzato l’immaginario della cultura anglosassone del Novecento nella direzione di un Medio Oriente favoloso e accattivante, raccontato attraverso la sapienza narrativa di Lawrence, poeta e romanziere, l’autore della serie di volumi del famoso Quartetto di Alessandria (e di intense poesie come quella sulla morte di Byron a Missolungi), e di Gerald, il fratellino minore biologo e naturalista, ironico e attento autore di molti libri di accattivante divulgazione scientifica (e non solo...), come il celebre La mia famiglia e altri animali.
Ma bisogna rileggerli per accorgersi di quanto sono moderni, e di quanto il nostro “orizzonte orientale” è debitore alla loro pervasiva quanto stravagante sensibilità. Un sottile velo di polvere dorata e di nostalgia imperiale percorre la loro scrittura come una cifra nascosta, e si insinua nella mente del lettore come un’intossicante magia. Si noti che Lawrence e Gerald sono diversissimi fra loro. È diverso il loro stile di scrittura, intrigante e a volte enigmatico, come le seducenti donne della sua Alessandria, quello di Lawrence; affabile, spiritoso ed evocativo dei caldi tempi di Corfù quello di Gerald. Ma entrambi compongono una favolosa visione di quel Medio Oriente ospitale e accogliente che oggi è così drammaticamente scomparso, dall’Egitto alla Siria, dalla Grecia delle isole Ionie alla Libia, all’Iraq: un mondo diviso in nuove improbabili nazioni dai labili, solo apparenti confini dei trattati di pace dopo la prima guerra mondiale, in realtà frammentato secondo le linee dei clan o delle tribù: ossia secondo l’appartenenza di sangue, da cui non si può prescindere, che significa pane, casa e protezione, antico servaggio che si tramuta spesso in cieca, muta dedizione.
Eppure anche i Durrell costituiscono un clan: non nell’India dove sono nati, né nell’Inghilterra da cui provengono, ma proprio nel Medio Oriente di cui la loro scrittura ci affida un’emozionante chiave di comprensione. Nella prefazione alle memorie del terzo Durrell scrittore, la sorella Margo, Gerald non a caso scrive che sempre ricorda «quei giorni alcionici in Corfù, dove eravamo tutti così felici». Ed è davvero con ariosa felicità che descrive quell’«invisibile linea divisoria» che separa il tacco d’Italia dal «vivido, caleidoscopico mondo della Grecia».
Là la famiglia Durrell trova una patria, il luogo del cuore, dal quale partire e a cui fare ritorno. E da a questo nucleo emotivo si irradia la felicità espressiva dei personaggi dei loro libri, l’esattezza dei tempi e delle atmosfere, il vivido fascino di un mondo perduto.
di Antonia Arslan