Guglielmo da Volpiano, un abate per l’Europa
In mezzo a tutti gli sconvolgimenti e i travagli che caratterizzarono il fatidico passaggio all’anno Mille, visse e operò la grandiosa figura del monaco riformatore benedettino Guglielmo da Volpiano.
Figlio di Perizia, moglie del condottiero svevo Roberto conte di Volpiano, nacque nel 962 sull’isola di San Giulio, sul lago d’Orta, assediata dall’imperatore Ottone I; dopo la resa da parte della regina Willa, il bambino fu presentato al fonte battesimale nella basilica dell’isola dall’imperatore stesso, quale padrino insieme all’imperatrice in veste di madrina. Il piccolo Guglielmo fu dunque un segno di pace.
Affidato all’età di sette anni al monastero benedettino di Lucedio, rivelò ben presto un’intelligenza eccezionale unita a rare virtù. Lì incontrò Maiolo, abate di Cluny, che lo condusse con sé nel fervido centro di vita monastica.
Qualche anno più tardi fu designato abate del monastero di San Benigno di Digione dove iniziò una radicale riforma del monachesimo. Nel suo ardente zelo, fu tanto intransigente da attirarsi l’appellativo di abate ultraregulam, “che va oltre la Regola”. Ma il Signore vegliava sul suo discepolo per plasmarlo secondo il suo cuore. Miracolosamente guarito da una grave malattia, mutò «la precedente severità in grandissima benevolenza».
Venne chiamato a riformare o fondare molti monasteri e abbazie. Nel periodo culminante della sua attività operò in luoghi diversi e molto distanti tra loro, apprestando cantieri in Normandia, a Digione, nel Canavese… Furono circa quaranta i monasteri sotto la sua protezione e più di milleduecento i monaci sotto la sua guida. Dalle cronache egli è presentato come padre vigilantissimo, ricco di carità, sollecito verso i poveri, generoso nell’ospitalità, al punto che in tempo di carestia non esitò a vendere il prezioso tesoro di San Benigno.
È definito anche cultore di Dio per la cura che ebbe del canto liturgico; inoltre profuse tutta la sua intelligenza e la sua intensa pietà nella costruzione di luoghi di culto ispirati alla Gerusalemme celeste: ne è mirabile esempio la celebre Rotonda di Digione dove prende forma il suo ardente desiderio del Cielo.
L’infaticabile abate-pellegrino nell’ultimo viaggio della sua vita (1028-1030) tornò a ripercorrere tutta l’Europa per rivisitare i suoi monasteri ed esortare i monaci a continuare nella fedele osservanza. Partito da Fruttuaria, arrivò a Fécamp per il Natale 1030 in condizioni di estrema debolezza. Qui, dopo aver benedetto tutti i monaci, rimase silenzioso per otto giorni, gli occhi rivolti al Cielo. Morì il 1º gennaio dell’anno 1031. L’ottavo giorno del dies natalis di Gesù sulla terra, nasce al cielo il suo fedele discepolo, degno figlio di san Benedetto. Commovente è l’iscrizione sulla sua lapide sepolcrale, tramandataci da Jean Mabillon:
«O tu che leggi, sappi che qui riposa,
come patriarca ricco di giorni,
l’abate Guglielmo.
Egli rifulse come primo pastore
di questo cenobio.
Qui, per dono di Dio,
stabilì molti monaci.
Il primo di gennaio brillò per lui
come un giorno nuovo
in cui gli venne incontro
tutta la nuova Gerusalemme».
di Anna Maria Cànopi