Giovanni, l’occhio della fede
di Maria Gloria Riva
La nuova rubrica di Madre Maria Gloria Riva, storica dell’arte, è dedicata all’iconografia degli apostoli attraverso la lettura dell’opera di un grande maestro.
È l’apostolo eterno, che per Cristo resterà finché Egli verrà, come si legge nel quarto Vangelo (Gv 21,22). Giovanni, a dispetto della tradizione, che lo vuole morto attorno ai novant’anni, è l’apostolo sempre giovane. È il discepolo che Gesù amava, evangelista, santo e martire. La moderna esegesi distingue il figlio di Zebedeo, fratello di Giacomo, dallo scrittore del Vangelo, delle lettere e dell’Apocalisse. L’arte no: l’iconografia, fedele alla Legenda aurea di Jacopo da Varagine e all’Apocrifo di Giovanni, ha sempre tenuto unite le due figure.
L’arte lo ritrae in mille pose: con il capo reclinato sul petto del Salvatore nell’Ultima Cena; impegnato nella corsa verso il sepolcro in compagnia di Pietro; con un calice in mano dal quale fuoriescono serpenti; costretto in una pentola di olio bollente ove lo vorrebbero martirizzare. Uno dei più significativi è il ritratto che ne fa Hieronymus Bosch. Nato a ‘s-Hertogenbosch, nel Brabante settentrionale, l’artista visse all’ombra di una cattedrale dedicata a san Giovanni e aderì, nel 1486, a una confraternita il cui stemma recava l’effigie del santo, prigioniero nell’isola di Patmos. Proprio la confraternita chiese a Bosch di terminare per una pala d’altare i due san Giovanni già iniziati dal padre, il Battista e l’Evangelista. Quest’ultimo è ritratto di profilo, giovanissimo, e in un cielo azzurrino, mentre estatico scrive il suo Vangelo e l’Apocalisse. Un angelo lo invita a guardare verso quella donna che sta nel cuore della Rivelazione cristiana. È lei, che visse con l’apostolo a Efeso, a dettargli le verità da scrivere. Lo sguardo dell’apostolo è fisso, dunque, sul Mistero del Verbo incarnato, centro del Vangelo. Sullo sfondo, a dispetto dell’aria tersa in cui riposa Nimega, città dei Paesi Bassi qui assimilata a Patmos, una barca prende fuoco accerchiata forse da navi nemiche. Bosch descrive così simbolicamente quel Mistero dell’iniquità che pure attraversò continuamente la vita di san Giovanni: per Tertulliano l’apostolo, a Roma sulle orme di Pietro e Paolo, fu immerso nell’olio bollente per essere così martirizzato, ma non ne patì alcun danno e perciò fu esiliato a Patmos.
La Legenda Aurea, invece, narra che proprio a Efeso i fabbricanti di idoli, temendo la fervorosa predicazione di Giovanni, tentarono di avvelenarlo ma egli, ricevuta la coppa di vino, la benedisse con il segno della croce e da essa fuoriuscirono serpenti che impedirono al santo di bere. Bosch registra un altro scontro con il nemico dell’uomo: un piccolo mostro, un gryllos, dal ventre gonfio e dalle gambe corte, sta accanto all’apostolo tentando di sottrargli il calamaio. È un demonio dotto giacché inforca gli occhiali e mostra di comprendere bene l’importanza, in ordine alla salvezza, del quarto Vangelo scritto quasi sotto dettatura. Il demonio però, minacciato dall’aquila, principale attributo di san Giovanni, solleva le braccia in segno di resa e lascia l’attrezzo con il quale tentava di sottrarre l’inchiostro.
Narra la leggenda che Giovanni, ormai anziano, deriso per il suo amore per i volatili da un ragazzino, gli parlò dell’aquila e di come essa vedesse lontano rispetto all’uomo, miope a causa del peccato. Il verbo vedere è decisivo nella narrazione giovannea e, non a caso, nel verso della tavola di Bosch troviamo una sorta di occhio gigantesco realizzato a grisaille. Nell’iride vediamo il susseguirsi delle scene della Passione, ambientate in una Gerusalemme simile alla città del recto dell’opera; nella pupilla, invece, ecco il pellicano, simbolo di Cristo, che nutre i piccoli della sua stessa carne. Anche la roccia sopra la quale sta il volatile rimanda al monte del recto della tavola. Su quel monte Dio vede, come direbbe la Genesi (Gn 22,14), e da quello sguardo tutto si ricapitola poiché nel fuoco della carità di Cristo il male è sconfitto alla radice. Quest’occhio, infatti, per Bosch è l’occhio divino che vede il mondo restaurato dalla morte colma d’amore del Figlio.