Francigena da Bolsena a Vetralla
Nella trentottesima giornata ci ritroviamo in viaggio tra Acquapendente e Bolsena. I Monti Volsini digradano dolcemente, in un itinerario di quasi 23 chilometri, verso il cratere vulcanico occupato dal lago di Bolsena con, sulle sue rive, il capoluogo stretto attorno alla rocca della famiglia orvietana dei Monaldeschi della Corvara. Nel 1263, nella cattedrale di Santa Cristina, sarebbe avvenuto il “miracolo di Bolsena”: il corporale su cui un sacerdote tormentato dal dubbio a proposito del Mistero Eucaristico celebrava la Messa si macchiò del sangue sgorgato dall’ostia all’atto della consacrazione. In seguito a ciò venne fondato a Orvieto il nuovo duomo, dove è ancora custodita la santa reliquia. A giugno una grande infiorata celebra per le vie di Bolsena l’evento miracoloso.
A questo punto il pellegrino francigeno è obbligato a una deviazione. Dopo aver visitato il luogo del miracolo del 1263, non può mancare la visita alla bella Orvieto: il duomo, oltre agli affreschi protocinquecenteschi della cappella di San Brizio (con il Giudizio Universale di Luca Signorelli), ospita anche lo splendido reliquiario gotico del Santo Corporale di Bolsena.
Trentanovesima giornata.
Da Bolsena a Montefiascone
La tappa dell’attraversamento dei Monti Volsini è di 16 chilometri e mezzo, quasi tutti in salita, ma piuttosto moderata: da Bolsena a Montefiascone, tra pascoli, acque limpide (alle quali è consigliabile non accostarsi: non tutte sono potabili) e boschi come quelli del parco di Turona.
Dopo il Colle della Guardata (la parola dice tutto) v’imbatterete in qualche venerabile tratto della Via Cassia romana, col “basolato” - la rivestitura in lastre di pietra poste in opera su una strada in terra battuta, senza massicciata, per una strada larga quasi 4 metri - ancora intatto. Sempre accompagnati dall’antica via consolare si arriva all’imponente complesso romanico-gotico (secolo XI) di San Flaviano, un tempo a quanto pare a pianta ottogonale. Procedendo, si arriva alla chiesa di Santa Margherita e alla rocca pontificia.
Montefiascone non tradisce l’immagine suggerita dal suo toponimo. Questa è la zona d’elezione del più gentile dei vini rinomati bianchi dell’Orvietano: l’abboccato, profumato “Est! Est! Est!” che un tempo contendeva al Frascati il primato nelle osterie locali.
Da Bolsena, o da Montefiascone, una bella passeggiata in direzione est, o nordest, vi consente di arrivare a Civita di Bagnoregio (Bagnorea), la città di Giovanni Fidanza: vale a dire il teologo e cardinale francescano Bonaventura, eccelso Maestro di filosofia a Parigi.
Quarantesima giornata.
Da Montefiascone a Viterbo
Una splendida giornata: 17 chilometri e mezzo di dolce discesa e poi di gradevole pianura, con vista sul lago di Bolsena che abbaglia quando il sole vi si specchia. Passate le Terme del Bagnaccio, già conosciute e usate in età etrusca e romana, eccovi avviati verso la bella Viterbo, dove potrete ammirare quel che rimane del “Bulicame”, le terme frequentate da molti pontefici. Fu nel bellissimo palazzo pontificio di Viterbo (Vetus Urbs) che i suoi cittadini chiusero sotto chiave (cum clave) e a pane ed acqua nel 1371 i cardinali che da mesi, dopo la morte di Clemente IV nel novembre del 1268, non riuscivano ad accordarsi sull’elezione del nuovo pontefice: ne uscì eletto dopo mille e sei giorni, ai primi di dicembre 1271, il cardinale piacentino Tebaldo Visconti, che assunse il nome di Gregorio X. Oltre al duecentesco palazzo pontificio, notevoli sono il duomo di San Lorenzo, la chiesa di Santa Maria Nuova e l’intero “quartiere medievale” (noto come “di San Pellegrino”): autentico, sia pure non senza alcuni restauri. Come a Perugia e a Colle Valdelsa, è presente una “città sotterranea” che vale la pena d’essere visitata. La patrona di Viterbo è santa Rosa, clarissa, vissuta appena diciotto anni e morta verso il 1251, famosa per i suoi miracoli: il 4 settembre si celebra la sua festa con l’esposizione della celebre, pesante “macchina” portata per la città a forza di braccia.
Quarantunesima giornata.
Da Viterbo a Vetralla
Sotto il profilo dell’altitudine, questa è la vostra ultima giornata di prova. Per quasi 22 chilometri affronterete i dislivelli dei Monti Cimini fino a Vetralla, allo stesso livello di Viterbo. A San Martino al Cimino c’è da visitare l’antica abbazia d’origine cistercense, fondata nel 1225 e lunga 108 metri. Abbandonata dall’Ordine, la chiesa conobbe una nuova vita grazie alla famiglia Pamphili: e nel 1645 papa Innocenzo X (Giovanni Battista Pamphili, appunto) le restituì il titolo abbaziale restaurandola e dotandola dei due bianchi, caratteristici campanili; accanto all’edificio ecclesiale sorge l’immenso palazzo Doria Pamphili. Le due costruzioni, insieme, costituiscono si può dire l’intero skyline dell’abitato.
Vetralla, antico centro etrusco, fu dotata almeno dal X secolo di una chiesa di una certa importanza che, ricostruita nell’XI secondo lo stile romanico, ricevette forse allora il toponimo di “Santa Maria in Cajano” e poco più tardi la nuova dedicazione a San Francesco.