Fotina,la donna che bevve la luce
di Maria Gloria Riva
Tra le figure incontrate da Gesù è la più vicina alla sensibilità moderna, non sfigura affatto accanto alla galleria di donne post-contemporanee: è la donna samaritana che incontrò Cristo al pozzo di Giacobbe. Come vuole lo stile giovanneo l’episodio è denso di rimandi. Il pozzo è luogo nuziale, il luogo dove i patriarchi, fino a Mosè, incontrarono le loro spose. La samaritana incontra Cristo a mezzogiorno, quando il sole è allo zenit, l’ora della sete di Cristo sulla croce.
I samaritani erano considerati eretici dagli ebrei osservanti, loro padre era Giacobbe scavatore di pozzi. Qui, in Samaria, presso il monte Garizim, a Sichem, il patriarca comprò, col pozzo, un terreno ove fu seppellito Giuseppe, il figlio venduto come schiavo in Egitto e diventato viceré del Faraone. Storie affascinanti, tanto quella di Sichem, teatro di miracoli per il popolo di Dio, che quella del pozzo di Giacobbe, custodito da chiese ripetutamente costruite e via via distrutte, fino al 2008, quando si inaugurò la chiesa attuale. Crollarono i templi, ma rimase intatto l’antico pozzo, scenario dell’incontro tra Fotina, come la tradizione ortodossa chiama la Samaritana, e Gesù, il Nazareno.
Tra i ritratti più belli di questa donna di luce (Fotina, dal greco phos, luce, appunto) ce n’è uno sul Monte Athos, affrescato nel XIV secolo da un pittore bizantino, Manuel Panselinos. La donna avanza, riccamente abbigliata, nell’ora deserta del mezzogiorno. Una brava massaia difficilmente attinge acqua a quell’ora, forse Fotina non vuole subire i commenti altrui, dati i suoi burrascosi trascorsi sentimentali. La brocca poi, è così piccola da far pensare subito alla sua inutilità. L’acqua che sta per attingere è ben più copiosa di quella del pozzo. La samaritana, che annoverava cinque relazioni fallite, non aveva alcun desiderio di incontrare quel giudeo che per giunta le chiede da bere. Sapeva il fatto suo: nessun ebreo avrebbe mai bevuto in un recipiente samaritano, come poteva questo Rabbi comportarsi in tal modo!
L’artista bizantino riesce a rendere l’atteggiamento un po’ ritroso e insieme sorpreso della donna. Una penetrazione psicologica incredibile per l’arte di quel secolo! La mano alzata si staglia davanti alla città di Gerusalemme, luogo della disputa teologica con Cristo: voi dite che è Gerusalemme il luogo dove adorare, noi il monte Garizim; dov’è il luogo della vera adorazione? Se lei è sfuggente nello sguardo, Cristo, invece, la guarda dritto negli occhi. Siede, ieratico, sulla roccia che gettò acqua nel deserto e le annuncia che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità. Siamo all’inizio del Vangelo di Giovanni e tutto è già detto: la Chiesa delle genti (della quale la donna è simbolo); l’ora della croce e il monte del sacrificio; la rivelazione della Trinità: Padre, Figlio (che è Verità) e Spirito Santo. Ecco allora che il pozzo, nella sua forma a croce, svela la vera identità dell’anonima samaritana: Fotina. Cioè Illuminata, colei che per prima conobbe la Rivelazione. Illuminati erano, nella chiesa primitiva, i battezzati, cosicché il pozzo cruciforme e la samaritana divennero simboli battesimali. Fotina, ormai cristiana, giunse con i suoi figli nella Roma di Nerone, e qui, con il figlio Victor, portò la figlia dell’imperatore alla conversione. Nerone, irato, li fece arrestare e santa Fotina morì, gettata in un pozzo. Era il 20 marzo, giorno in cui la chiesa ortodossa la festeggia: in un pozzo vide la vera luce, in un pozzo conobbe l’eternità.