A Bologna la chiesa si riscopre casa
Mario Botta
La chiesa del Buon Ladrone (o San Disma, il nome del ladrone pentito crocefisso alla destra di Gesù), progettata da tre gruppi di giovani che si sono uniti per questo progetto (Inout Architettura, Lado Architetti e Lamber + Lamber), sorge nel comune di San Lazzaro di Savena, appena fuori Bologna.
Una chiesa che, se non fosse per la piccola croce posta sul tetto, potrebbe essere confusa per una casa (o addirittura per una capanna). Una chiesa, quindi, che rispecchia l’orientamento contemporaneo di quella parte dell’architettura sacra che ha fatto proprio l’impegno del cardinale Giacomo Lercaro che, negli anni Sessanta del secolo scorso, si era impegnato per il rinnovamento politico e liturgico delle comunità bolognesi e che considerava la chiesa come una “casa fra le case”. È proprio questo aspetto domestico, semplice e naturale, che stupisce e allo stesso tempo affascina l’osservatore. In un articolo apparso sulla rivista “Rassegna di Architettura e Urbanistica”, l’attento critico Jacopo Gresleri parla di come lo storico britannico Anthony Vidler abbia ragionato sul dualismo “casa di Dio” e “casa di Adamo” giungendo alla conclusione che «se la casa di Dio ha trovato nel tempio la sua connotazione fisica, quella dell’uomo si è concretizzata intorno al riferimento della capanna, ancestrale ricordo della più stretta relazione fra essere umano e ambiente naturale. In estrema sintesi, nella storia dell’architettura […] lo spazio sacro è stato di volta in volta ricondotto all’una o all’altra delle due categorie: tempio-casa di Dio o capanna-casa dell’uomo». La progettazione della chiesa del Buon Ladrone ha inoltre coinvolto attivamente la comunità locale, cresciuta costantemente sin dagli anni Settanta del Novecento, tanto da rendere indispensabile la realizzazione di una nuova chiesa con le relative opere parrocchiali. Ancora una volta Jacopo Gresleri sottolinea come il coinvolgimento della comunità locale nelle fasi della progettazione corrisponda all’orientamento che l’Ufficio nazionale per l’edilizia di culto della Cei sta adottando da circa un decennio «per tentare di ricucire lo strappo fra chiesa-istituzione e chiesa-comunità la quale (sovente a ragion veduta) si sente sempre meno rappresentata dall’architettura autoreferenziale e, purtroppo, spesso anche insignificante di numerose chiese contemporanee».
Dal punto di vista architettonico, l’edificio, che si presenta in pianta come un rettangolo di circa 25x30 metri, è orientato lungo l’asse nord-ovest/sud-est, coincidente con il percorso ingresso-altare. Un percorso ulteriormente sottolineato dalla fenditura che, attraversando tutta la copertura fino alla parete dietro all’altare, divide in due l’edificio e rappresenta la fonte dell’intensa luce zenitale che illumina lo spazio interno, risolto in un unico ambiente dove l’assemblea si dispone a ventaglio di fronte all’altare. Vista da fuori, la forma concava della facciata principale della chiesa, assieme alle mura perimetrali, invita all’ingresso. L’involucro esterno grazie a un sapiente gioco di leggero sfalsamento delle pareti individua punti di permeabilità e di accesso. Anche la scelta dei materiali impiegati - il legno di rovere, l’intonaco tinteggiato bianco e la selenite (gesso cristallino proveniente dalle cave locali) - esalta l’aspetto domestico di questa “casa di Dio” che vuole essere anche una “casa per l’uomo”.
Chiesa del Buon Ladrone, San Lazzaro di Savena, Bologna, 2009-2019. Architetti: Inout architettura, Lado architetti, Lamber + Lamber.