Una storia senza tempo
Il concetto di eterno nelle civiltà, dagli antichi greci all’India fino all’America precolombiana
Franco Cardini
La definizione più semplice e più intuitiva dell’eternità, quanto meno per noi “occidentali moderni” - che peraltro, in ciò come in molti altri aspetti della nostra psiche e del nostro immaginario, non siamo in grado di misurare la profondità, la lontananza e l’origine delle nostre intuizioni e delle nostre percezioni - è quella di un’infinita estensione del tempo: ore, giorni, anni che si susseguono senza fine. Certo, qui insorge un immediato primo problema: il tempo che scorre nell’infinito è omogeneo, sempre uguale a se stesso? O contempla comunque l’avvicendarsi quanto meno del giorno e della notte, delle differenti stagioni, magari addirittura di differenti stati meteorologici? Ma pensare in tal modo l’eternità non equivale anche a postulare una nostra immobilità nel nostro pianeta? La residenza in un pianeta diverso influirebbe sull’eternità, la presenterebbe in modo diverso, oppure no? In altri termini, sono sinonimici i due caratteri dell’eternità e della perennità, oppure si deve usare il primo sostantivo nel senso di una sequela infinita d’istanti l’uno uguale all’altro e il secondo in quello di una sequela di istanti che possono variare con il cambiamento di circostanze fisiche o psichiche della persona che prova su di sé come soggetto la condizione eterna o di caratteri a essa esterni? In altri termini, un fiume è eterno se scorre sempre uguale a se stesso - “ed io eterno duro”, avverte solenne la Porta Inferi di Dante - e perenne se conosce comunque momenti di pienezza e altri di siccità, di calore o di gelo? Il monumento che Orazio ha eretto a se stesso, in quanto aere perennius, sarà eterno o anche soggetto a subire la patina del tempo e gli insulti degli agenti atmosferici?
L’eternità è, nel senso più proprio e profondo del termine, incommensurabile, nel senso che non può essere misurata né in sé né cum misura, in rapporto a nessun altro soggetto che appunto sia misurabile. In tal senso, essa ha rapporto con lo stesso tempo soltanto se la consideriamo come un’infinita sequenza di frazioni temporali, così come sembra averla pensata l’attitudine presocratica, che la considera un’eterna estensione di sé.
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