Trinità, una eterna storia d’amore
Nella Croce non solo si compie la salvezza ma si rivela per intero la gloria del Dio uno e trino
Robert Campin, Trinità (1433-1435), olio su tavola. San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage (Scala).
È possibile cogliere questa struttura nel ritorno costante, certamente non casuale, del verbo “consegnare” (“paradídomi”, in greco): le ricorrenze consentono di distinguere due gruppi di “consegne”. Il primo è costituito dal succedersi delle “consegne” umane del Figlio dell’uomo. Il tradimento dell’amore lo mette nelle mani degli avversari: «Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare loro Gesù» (Mc 14,10). Il Sinedrio, custode e rappresentante della Legge, consegna colui che considera il bestemmiatore al rappresentante di Cesare: «Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato» (Mc 15,1). Questi, pur convinto dell’innocenza del prigioniero – «Che male ha fatto?» (Mc 15,14) – cedendo alla pressione della folla, sobillata dai capi (15,11), «dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso» (15,15). Abbandonato dai suoi, ritenuto un bestemmiatore dai signori della Legge e un sovversivo dal rappresentante del potere, Gesù va incontro alla morte: se tutto si fermasse qui, la sua sarebbe una delle tante ingiuste morti della storia, dove un innocente rantola nel suo fallimento di fronte all’ingiustizia del mondo. La fede della Chiesa nascente sa, però, che non è così: per questo essa ci parla di altre tre misteriose consegne......
teologo, arcivescovo di Chieti-Vasto