Torlonia, una nobiltà certificata con il marmo
La famiglia di mercanti fece fortuna nell’ultima Roma papalina. L’acquisto della collezione Giustiniani di scultura antica e della VillaAlbani ne consacrò la posizione
Carlo Gasparri
Solo se proiettato sullo sfondo delle profonde mutazioni che investono lo Stato Pontificio - e non solo - nel periodo compreso tra le conquiste napoleoniche e l’affermazione dell’Italia come Stato unitario diventa comprensibile lo spettacolare fenomeno di ascesa sociale ed economica di cui è protagonista la famiglia Torlonia, che, trasferitasi a Roma da una regione agricola della Francia intorno alla metà del Settecento, raggiunge nell’arco di due generazioni il più alto rango nobiliare e una dimensione patrimoniale senza pari nell’intera penisola.
Iniziatore delle fortune dalla famiglia è Marin Tourlonias, poi naturalizzato come Marino Torlonia (1725-1785), che, entrato al servizio di un eminente membro della curia, il cardinale Acquaviva, grazie a un suo lascito avvia un’attività di mercatura nel palazzo Zuccari presso piazza di Spagna, al centro quindi della Roma frequentata dal Grand Tour internazionale, dove vende sete e drapperie importate dalla Francia. Sarà però grazie all’attività di banco annessa alla bottega, poi trasferita al Corso, che il figlio di Marino, Giovanni Raimondo (1754-1829) potrà intraprendere, muovendosi abilmente nella mutevole situazione politica della Roma di fine Settecento, una serie di iniziative finanziarie e imprenditoriali, dalle manifatture di tessuti agli appalti dell’allume e dei tabacchi, alle forniture per l’esercito napoleonico, che daranno avvio alla formidabile crescita economica della famiglia. Il Banco Torlonia, che tratta con una clientela internazionale, ben presto è in grado di offrire prestiti milionari a pontefici, sovrani, regnanti e non, e all’intera famiglia Bonaparte.
In parallelo con le fortune di Giovanni Raimondo cresce la sua affermazione sociale: forte dell’appoggio di Pio VII, del quale è finanziatore, e giovandosi del contemporaneo dissolversi dei patrimoni nobiliari di più antica origine, acquisisce in rapida successione titoli e possedimenti di rilievo: iscritto nell’Albo della nobiltà romana già nel 1809 come marchese di Roma Vecchia e duca di Bracciano, assume nel 1814 il titolo di principe di Civitella Cesi, cui aggiungerà nel 1820 quello di duca di Poli.
Per soddisfare le esigenze di rappresentatività imposte dal rango sociale raggiunto, Giovanni avvia l’allestimento di una serie di residenze di prestigio nell’Urbe e fuori, impegnando le maggiori personalità artistiche del momento, a partire da Canova e Valadier.
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