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Tommaso d'Aquino, una vita per la Chiesa

La storia di san Tommaso, tra le università di Napoli e Parigi e la curia romana, è segnata da una profonda spiritualità e da straordinarie capacità intellettuali. Di famiglia nobile, la sua umiltà lo portò ad abbracciare l’Ordine domenicano

​Franco Cardini
Tommaso della nobilissima famiglia dei conti d’Aquino nacque tra 1224 e 1225 a Roccasecca, dal conte Landolfo e da Teodora Galluccio dei conti di Teano. Quinto figlio di una numerosa famiglia, era destinato alla carriera ecclesiastica: verso i cinque anni fu difatti accolto come “oblato” nella prestigiosa abbazia benedettina di Montecassino che proprio in quel momento, all’indomani del trattato di pace del 23 luglio 1230 fra Federico II imperatore romano-germanico e re di Sicilia e il papa Gregorio IX, stava riacquisendo in pieno il potere dopo essere stata coinvolta nella contesa fra impero e papato.
Le condizioni dell’abbazia si fecero tuttavia presto di nuovo difficili: e i genitori del forse non ancor quindicenne monaco preferirono farlo allora trasferire nel 1239 a Napoli, dove da circa tre lustri l’imperatore aveva fondato un’Università - la prima europea istituita da un potere temporale e unica in tutto il regno di Sicilia - scopo della quale era la preparazione dei futuri quadri intellettuali della pubblica amministrazione, e che avrebbe dovuto servire da contraltare all’ateneo pontificio ligio al papato e celebre soprattutto per gli studi giuridici.
Iscritto alla Facoltà delle Arti di quell’Università (il livello da cui si poteva accedere alle Facoltà superiori), Tommaso studiò le opere aristoteliche di logica e di scienze naturali con due maestri: Pietro d’Irlanda e Martino di Dacia. Il primo già a partire dagli anni Quaranta del Duecento ricopriva il ruolo di professore (magister in actu regens) di logica e filosofia naturale presso lo Studio di Napoli. Grazie ai legami familiari tra le casate normanne, i contatti tra Italia meridionale, Inghilterra e Irlanda erano frequenti, il che potrebbe aver facilitato il conseguimento da parte di Pietro di una posizione piuttosto prestigiosa a Napoli. Martino di Dacia, grammatico, aveva ricoperto l’incarico di cancelliere presso il re Enrico VI Menved in Danimarca, per poi dedicarsi all’insegnamento della teologia e diventare canonico a Parigi. La sua opera più celebre è il Tractatus de modis significandi, composto intorno al 1250, che affronta la struttura delle parti del discorso e della sintassi secondo la prospettiva della “grammatica speculativa”, un approccio che avrebbe avuto una vasta diffusione successiva. Inoltre, aveva commentato anche le opere logiche di Aristotele e il Liber sex principiorum.
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